lunedì 25 maggio 2009

A.A.A. Vendesi anima al diavolo

L' Italia è paese di sbruffoni e tuttofare. Conduttori, soubrette, papi (quelli vestiti di bianco, per precisare) e veline scrivono libri; signori e signore Nessuno diventano attori grazie al Grande Fratello, le veline e le cantanti si candidano. Altro che America. Questo è un paese in cui c'è posto per tutti, basta avere un po' di notorietà televisiva. Grazie a questa caratteristica nostrana, se un tronista della De Filippi dovesse scoprire di avere velleità artistiche o frammenti di idee politiche avrebbe la strada spianata e si aggiungerebbe al numero di rappresentanti italioti del cazzo.

L'altro ieri sera ero a Varazze a prendere il gelato dal papà di un'amica, che fa il pasticcere, e ho sentito che c'era la Zanicchi in giro.
La signora Zanicchi, dopo essere passata per foto osé, essersi rifatta il naso e poi qualche altro dettaglio fisico, condotto Ok il prezzo è giusto, che guardava mio nonno scuotendo la testa di continuo, ora sta con forza Italia. Non si sa mai dove ti porta la vita, specialmente se sei passato per il piccolo schermo.
Candidatasi per le Europee, ha pensato bene, la signora, di cantar l'amore anziano a Sanremo prendendo visibilità. Ora la si vede spesso in tv a parlare del suo amico Berlusconi e in giro a far proseliti.
Ma la sua sorte, per dirla alla Paolo Fox, era già scritta nelle stelle. Si sapeva che avrebbe venduto l'anima al diavolo, prima o poi. Basta leggere il testo della canzone che ha cantato nel '72:


A te
Che resterai vicino a me
Anche quando
Io ti dirò di andare via
A te
Che porterai la musica
In angoli
Che il sole non ha visto mai
A te
Che non conosco
Io offrirò
Un'anima
La mia anima
Se lo vorrai
A te
Che mi terrai compagnia
Per vincere
Il terrore della solitudine
A te
Che mi terrai compagnia
Vivendo insieme a me
Ogni tristezza mia
A te a te a te
Io offrirò
Un'anima
La mia anima
E tutto quel che ho


(indovinello: come a fatto il signor B. a "portar la musica in angoli che il sole non ha visto mai?" La risposta nei commenti)

mercoledì 20 maggio 2009

Miracoli

Da piccola sono andata a scuola dalle suore. Problemi di lavoro dei miei, mica per altro.
Dopo questa bella infarcitura religiosa sono uscita non certo fervente cattolica (le suore fanno difficilmente questo effetto), ma piuttosto inebetita, con un senso mistico un po' troppo spiccato. Per esempio, a tredici anni mi sono convinta di saper fare i miracoli. Colpa di anni passati a "Marcellino pane e vino".
Ormai è passata tanta acqua sotto i ponti, ma a modo mio nei miracoli ci credo ancora. Non intesi come interventi divini o soprannaturali, ma piuttosto come avvenimenti improbabili che, per caso o per costanza di applicazione, si realizzano inaspettatamente e a dispetto delle premesse.
Ecco.
Chi ha seguito per tutti questi mesi il caso Mills (che è stato accuratamente ignorato dai media, magari riempiendo gli spazi dei telegiornali con notizie sul calciatore di turno) starà pensando: ecco, finalmente ci siamo. Forse adesso è troppo grossa e se ne accorgeranno tutti di quello che sta succedendo. Scoppia la bugna e Berlusconi, come un bambino scovato in dispensa col dito nella marmellata, non riuscirà a distogliere l'attenzione con accuse fatte ad altri, con notizie di altro genere come succede di solito. Questa volta non basteranno questi mezzucci, perchè saranno un autentico arrampicarsi sugli specchi.
Adesso, si potrà pensare, tra lo scandalo delle veline e di Naomi e, ora, la bugna Mills e Lodo Alfano, il premier sta cascando a pezzetti come un castello di carte. In più le continua a dire grosse: si sta avventurando in un terreno minato con la faccenda degli stranieri da rispedire in patria, almeno dal punto di vista internazionale. Prodi è cascato con molto meno, si dirà.

Io dico che, nonostante l'evidenza, ci vuole un miracolo grosso. Perchè quello più abituato a fare miracoli, qui, è sempre stato lui, e sarà dura che non ne faccia un altro, san silvio.
Appelliamoci al santo più importante e concentriamoci tanto, forte, con intensità.
Ma facciamolo proprio bene, perchè rischiamo che la prossima notizia che sentiremo al telegiornale sia che Silvio Berlusconi è stato candidato al nobel per la pace. c'è già qualcuno che si sta dando da fare e - ahimè - ci crede, eccome se ci crede.
Guardare per credere.

silvioperilnobel.sitonline.it/

sabato 16 maggio 2009

Incontri ravvicinati con Narciso

L'altro ieri è arrivato il fatidico giorno che molti insegnanti temono: la gita di classe.
Classe quinta, meta Milano, museo della scienza e della tecnologia.
A parte i turisti, i milanesi(pochi) e i piccioni in piazza del Duomo con cui abbiamo avuto a che fare, i nostri incontri non sono stati molti; uno, però, mi ha colpito: la guida che ha portato i miei alunni a visitare una parte del museo.

Trent'anni, testa pressochè rasata (meglio pelato che stempiato, dicono), faccia spigolosa e giubbotto nero di pelle. Anzi, direi totalmente di nero vestito. Una specie di Fonzie dei giorni nostri alla milanese.

Si è presentato con un piglio da fighetto e ha coinvolto discretamente i bambini, che alla fine l'hanno trovato simpaticissimo. Peccato che fosse un totale, egocentrico narciso. In ogni frase, stesse parlando di Bell o Meucci o della telecomunicazione, infilava un'informazione su di sé, sostenuta con un evidente (solo a me e alla mia collega) autocompiacimento.
Per completare l'opera, avevamo prenotato un'attività di due ore e lui si è sbagliato e ci ha riportato giù all'entrata dopo un'ora, per poi accorgersene e farci risalire per tornare alle vetrine dove eravamo stati prima.

Arrivati a scuola la mattina dopo, ho chiesto ai miei alunni se avevano qualche considerazione da esprimere sulla gita e, tra i vari commenti, è uscito un "la guida era troppo simpatica".
Non aspettavo altro.
L'ho smontato in pezzi, chiedendo ai bambini di dirmi tutto quello che si ricordavano delle parole del ragazzo.
Risultato:

- ha trent'anni
- ha un blog

- fa lo scrittore (perchè scrive sul blog...)

- è geologo
- ha fatto la pubblicità per i frigoriferi americani che fanno il ghiaccio e hanno un computer

- ha un amico che sa programmare 4 computer contemporaneamente, sa usare il mouse con il piede ed è chiamato semidio

- odia berlusconi

- sa quattro lingue, tra cui il giapponese

- aveva una fidanzata che non sapeva usare i congiuntivi

- usa poco il cellulare (e ci vuol poco, visto che comunica già abbastanza lavorando)

- fa un altro lavoro che non ricordo.

Delle spiegazioni che ha fatto non è uscito molto, anche perchè le informazioni personali superavano il 50% del totale.
Dopo averlo ridotto in pezzi senza esprimere giudizi ma facendo semplicemente notare l'evidenza, l'ho "riassemblato". Se non altro è stato coinvolgente e ha sapientemente evitato che qualcuno, che appena entra in un museo inizia a vagare annoiato, partisse per la tangente.


Morale della favola, non è tutto oro quello che luccica. Anche se, agli occhi miei e della mia collega, l'unica cosa luccicante, lì, era la sua testa pelata.

domenica 10 maggio 2009

Intorno a un tavolo


Domenica sera, finalmente un po' di tempo e ispirazione per scrivere.
Il pretesto è la preparazione di una teglia di verdure al forno: c'è da pulirle, tagliarle, condirle e buttarle maldestramente tutte insieme nella pentola. Non c'è occasione migliore per stare insieme al nostro tavolo, io e M., uno di fronte all'altra, come al solito.

Il nostro tavolo l'abbiamo comprato poco più di tre anni fa
in un robivecchi. Era sfasciato, grigio da quant'era sporco e aveva una gamba spezzata. Ce ne siamo innamorati (si fa per dire)e l'abbiamo fatto risistemare. Da allora ha conosciuto parecchie cene, pause tè e caffè, qualche pranzo in due, ha assistito a liti e riappacificazioni, ha sentito i nostri discorsi sulle faccende della giornata appena finita e i nostri brontolii sulle notizie del telegiornale. Non è ancora del tutto stabile, ma spero che resiterà alle intemperie della nostra storia.

Il nostro tavolo, però, è solo l'ultimo di una lunga serie. Ne ricordo di cristallo, di legno scuro o laccato, rotondi o rettangolari. Ricordo il tavolo su cui mio nonno impastava e preparava da mangiare: io lo guardavo per ore, e grazie a quell'attento e ipnotizzato osservare sono riuscita a ripetere i suoi gesti uno ad uno, una volta che mi sono messa a cucinare per conto mio. Aveva un tavolo di fòrmica su cui tamburellava con le sue dita lunghe e affusolate. Dita da artista mancato.

Intorno al tavolo della casa in campagna in cui andavo da bambina stavo spesso seduta con una seggiolina di vimini, aspettando che mia nonna mi allungasse gli acini d'uva accuratamente aperti in due e senza semi. Ancora oggi, a 34 anni suonati, conosco solo questo modo per mangiare l'uva. E' forse uno dei pochi gesti gentili che ricordo di lei.
Sul tavolo della cucina della casa in campagna mio nonno c'è morto. Stavamo mangiando e ci si è accasciato mentre ridevamo.

Per anni, dopo cena, mi sono rifugiata sotto il tavolo di casa dei miei, quello laccato di bianco che hanno ancora oggi, a farmi passare pezzetti di mela e formaggio da mio padre. Era il gioco del topo: cibo in cambio di morsetti alle ginocchia.
Il tavolo bianco ne ha viste tante, come ogni tavolo di famiglia che si rispetti. Ci ho corso intorno giocando, ci ho girato camminando per ripetere le lezioni o sperando che mi passasse il mal di pancia, ci ho sentito i miei litigare, ci ho trovato mio padre addormentato, ci ho fatto lunghe chiacchierate serali.
Su di esso ho persino conosciuto, a quattro mesi, la mia migliore amica, che accompagna tutt'oggi i percorsi della mia vita con linee differenti ma parallele.

Siamo noi a dare un significato sentimentale agli oggetti, lo so: di per sè non ne hanno nè recepiscono azioni o sentimenti. Ma non so cosa darei per ritrovarmi insieme alle persone care intorno ad ognuno dei tavoli della mia vita, rievocando tutto quello che hanno visto e passato, sgranando piselli e pulendo verdure, intenti a preparare il minestrone.

lunedì 4 maggio 2009

Conati


Cari italiani,
rieccoci all'ennesima puntata della nostra recente, triste storia: un matrimonio allo sfascio che si fa vicenda politica, il pubblico che si mescola col privato, il gossip alla cronaca. Quelli che fanno parte della famigerata "sinistra", sempre che ancora esista, rischiano di diventare capro espiatorio della rabbia umiliata del capo del governo, ma niente è più importante, oggi, dell'ultima baruffa tra silvio e veronica.
Con tutte queste faccende è comprensibile il mancato amore per la patria; persino chi ha amato l'Italia con ardore ormai nutre un amareggiato disamore nei suoi confronti.

Certe volte l'Italia mi ricorda gli Stati Uniti prima dell'undici settembre. Circondati da una stampa obiettiva che ci fa guardare allo specchio su giornali e riviste (pur in commercio e non censurati), siamo ciechi di fronte alla verità nuda e cruda, inetti
nell'azione e persino nelle parole. Speriamo di non dover arrivare a un nuovo episodio catastrofico per aprire gli occhi.
Ma - mi viene da dire - chi ci filerebbe? - E' più facile che i nostri vicini di casa restino lì a guardarci mentre ci ripieghiamo in una miserrima autodistruzione.


Intanto, sfogliamo con greve malinconia, se lo abbiamo ancora, il libretto che ci è arrivato nella cassetta della posta più di qualche anno fa e che ritrae la famiglia Berlusconi nel suo miracolo italiano. Lo venderanno su ebay a caro prezzo, e tra poco sparirà del tutto dalla circolazione.
Nel caso mancassero nuove fonti di notizie per le nuove generazioni, consiglio di comprare Novella 2000 per sapere chi saranno le nuove veline, l'oroscopo della settimana, che tempo farà domani, quale sarà la nuova fiamma di Berlusconi o dell'ex moglie, chi vincerà Amici nella nuova edizione.
Spegniamo la tv o la radio, per carità, se sentissimo qualche notizia seria.

Essere italiana tra italiani per ora mi dà la nausea.

domenica 3 maggio 2009

Uccelli


Mi capita spesso di vedere animali morti lungo l'autostrada. Di solito sono piccioni, gatti, gabbiani. Un paio di mesi fa ho visto qualcosa che somigliava ad un canguro ma che, più verosimilmente, doveva essere un capriolo.
Non mi era ancora capitato, però, di essere coinvolta nell'assassinio di un animale per la strada.
Oggi, in viaggio sulla A10 per andare a trovare degli amici, con M. alla guida, un piccione è andato a sbattere contro il parabrezza della macchina che ci precedeva. Poi è rimbalzato e, stordito, si è schiantato contro il nostro. Io, in preda a un mal di pancia più che latente, non ho visto quasi niente, se non un ammasso di piume contro il vetro, ma M. ha urlato come un pazzo rischiando di andare a sbattere.
Insomma, dopo il brevissimo spavento, ho pensato che quello fosse più che altro un piccione suicida e mi è venuta voglia di vedere "Uccelli" di Hitchcock.