venerdì 8 novembre 2013

Lasciar andare

Mancano una quarantina di giorni al momento in cui mi fermerò dal lavoro(o, almeno, così avrei deciso). Quaranta giorni al momento più buio dell'anno e all'inizio di una fase di cova e intimismo ben diversi dal modo in cui sto vivendo ora. Calma, tranquillità, tempi rilassati, pochi e pacati rapporti sociali: quello che ho sempre desiderato ora mi atterrisce, ora che mi sto assuefacendo piacevolmente al chiasso della scuola e alle levatacce. La quinta è divertente, rilassante: ormai si è alla fine, ci si vuole bene, i rapporti sono sciolti, fluidi e ci si può permettere qualche sgarro alle regole e cose e discorsi "da grandi".
Quello che chiamo lavoro non è un lavoro, ma sono relazioni, rapporti, affetti, progetti. Il pensiero di lasciare i bambini che ho seguito per quasi cinque anni, ma anche lasciare tutti i progetti che avevo (specialmente di italiano e musica) in mano ad un'altra persona, che difficilmente li seguirà perchè non sono i suoi, mi angustia un po'.
E poi c'è IL problema: l'insegnante che forse mi sostituirà non sembra proprio averne voglia (figuriamoci l'entusiasmo) e non sa la grammatica. Non che abbia bisogno di un ripassino, i dubbi li abbiamo tutti, no: proprio non la sa. E non ammette di non saperla, il che sarebbe già qualcosa. 
Prevedo disastri colossali e mamme che si mobilitano e mi telefonano o vanno dal direttore e mi spiace per questi bambini che avrebbero diritto ad essere accompagnati fino alla fine se non dalla stessa persona almeno da una persona valida e in grado di sorreggerli.
E' difficilissimo lasciar andare; non mi ero mai figurata come qualcos'altro che non fosse l'essere me-e-basta, fatta come sono, con i miei interessi, difetti, passioni e pensieri. Ora non sono più solo me e basta, ma sono due, e l'interesse di chi ho dentro viene prima di tutto. Forse questa bambina non è arrivata prima perchè non ho trovato prima lo spazio interiore dentro di me. Adesso, però, per lasciarla crescere dovrò imparare a farle altro spazio, imparare a lasciare andare tutto il superfluo e anche quello che prima non mi  sembrava affatto superfluo, ma importante ed essenziale.
Che poi sarà un lasciare andare come l'acqua sul fondo del fiume: la fai scorrere tra le mani ma quello che ti resta in mano, i detriti, più pesanti, sono quello che conta. Il fatto di saltare un quadrimestre non mi potrà mai togliere il segno che ha lasciato su di me ogni singolo bambino di questa classe, l'ultima prima dell'arrivo di mia figlia.
Che non ha ancora un nome, ma i miei alunni, entusiasti, mi hanno già rifornito di una serie di elenchi non appena ho dato loro la notizia.