domenica 9 febbraio 2014

Il tempo delle viole mammole

Sono già i primi di febbraio, siamo in pieno inverno, ma comincio a sentire la primavera che arriva. Nonostante le piogge continue e il clima rigido, nelle rarissime(e preziosissime!) giornate di sole riesco già a vedere in fondo al tunnel stagionale. So che non è così vicina e senz'altro il generale inverno ci regalerà più di un colpo di coda prima di cedere, ma la natura non mente: in giardino sono fiorite le viole mammole e la mimosa ha già dei piccoli fiori gialli che non vedono l'ora di esplodere. Un bombo si è arenato da qualche giorno sui fiori dell'erica in terrazzo e, a parte qualche volo instabile e coraggioso non appena è riuscito ad asciugarsi un po' dall'ennesima doccia, sta lì ad aspettare tempi migliori.
Così stamattina, con l'elettricista che mi ha costretta a casa (sembra di vivere in un cantiere, ed è solo l'inizio), mi sono piazzata per un paio d'ore sulla panchina in terrazzo, al sole, mentre il termometro segnava più di venti gradi. La bambina adesso percepisce la luce e le differenze di temperatura esterna, e mi sono scoperta la pancia per far godere anche a lei questo tepore insolito. Agata dovrebbe nascere quando la primavera sarà iniziata da poco, nella stagione in cui tutto nasce e si risveglia.
Ho cominciato a rassegnarmi al mio stato di palla con le gambe e ogni tanto mi concedo qualche pisolino pomeridiano, anche perchè la mattina mi sveglio prestissimo e fatico a riprendere sonno. Vado in piscina un paio di volte a settimana e abbiamo iniziato anche ad andare ai corsi preparto dell'ospedale, dove c'è sempre una terribile puzza di piedi perchè ci fanno sedere su dei tappetoni senza scarpe, e qualcuno avrebbe bisogno di un bel pediluvio.... 

Sono contenta, insomma, ma sempre in apprensione perchè temo di partorire in anticipo, senza M., proprio nella settimana in cui lui sarà in Germania. Intanto cerco di starmene tranquilla e non avere troppi pensieri.
Uscire ed avere a che fare con altre donne incinte, comunque, è una cosa che non mi dispiace. Non temo di rompere le scatole con argomenti che in genere, dopo un po', annoiano la maggior parte delle persone, ma qualcosa di me fa sì che anche in queste situazioni ci sia una distanza tra me e gli altri.
Le mie idee sono spesso diverse dalle loro, sia sul parto che su tutte le futilità collaterali alla gravidanza e all'accudimento dei figli. Così a volte mi espongo, suscitando curiosità o battute, e a volte me ne sto zitta per pudore. Nello spogliatoio della piscina sento parlare di trio, di lista nascita, lettini con le sbarre, di girello e box, di pampers e altre cose che non fanno parte delle nostre scelte e non so se dire che io ho intenzione di usare quasi solo la fascia, un lettino rasoterra e i pannolini lavabili o starmene zitta. Al primo incontro in ospedale sono l'unica che ha fatto domande all'ostetrica e che si è posta interrogativi su cose che non toccavano minimamente gli altri genitori: la possibilità di evitare l'aggiunta e il ciuccio, il taglio del cordone troppo precoce e così via. Non è che tutto questo mi faccia sentire superiore e saccente; anche se mi sento molto consapevole in questo percorso, mi rendo conto che tra la maggior parte delle persone che "subiscono" le decisioni degli altri e il modo in cui le cose sono sempre andate e me, che cerco di controllare tutto e far le cose a modo mio ci potrebbe essere una equilibratissima e pacifica via di mezzo. Ma non fa per me, evidentemente. 
Come ha detto saggiamente la mia amica Maria, il parto, come la morte, è una di quelle cose che non puoi proprio controllare. Già, sto iniziando a rendermene conto, ma il modo di approcciarsi ad esso sì...o almeno credo.