martedì 2 aprile 2024

A

 Quest' uomo non è piaciuto il mio post.

Credo che riuscirò a sopravvivere.

Il mondo è pieno di possibilità e sono migliaia i modi di guardarlo. Oggi ne ho cambiati un paio, domani chissà.

Ora vado, che domani ricomincia la scuola.

lunedì 1 aprile 2024

Quest'uomo

 Sento impellente il bisogno di scrivere. Lo sento come un bisogno fisico, che mi si piazza in gola se non soddisfatto, e fa male.

Oggi vorrei parlare degli uomini, ma uomini è parola generica. Indica una quantità indefinita ed immensa di esseri viventi di diverse età, facce, mestieri, professioni, nazionalità. A volte ΅uomo' indica persino il genere umano.

No, uomini non va bene.

Dunque parlerò di QUEST'uomo. Così non commetterò l'errore di generalizzare e, nel caso tornasse utile, chiunque potrà applicare la categoria anche ad altri individui a piacere.

Quest'uomo è sempre stanco.

Lavora in modo instancabile o, meglio, è instancabile ma costantemente stanchevole perchè appena entra in casa o tocca qualunque superficie appena più morbida di una sedia inizia a russare in meno di un secondo, e poi si sveglia e non si è accorto di aver dormito.

Quest'uomo può permettersi di entrare nel letto alle nove e mezza di sera con la scusa ( indovinate?) che è stanco, perchè ha lavorato tanto e non ha dormito abbastanza, e il recupero del sonno perduto non arriva mai, perchè è sulla ruota del criceto e non se ne accorge.

Mentre quest'uomo si riposa guardando serie tv, gli occhi fissi sul finalmente raggiunto oblio dato dal cellulare, tutta la vita scorre intorno a lui: qualcuno chiude la porta a chiave, prepara la spazzatura per l'indomani, piega i vestiti puliti, riordina cucina e salotto, dà la decima buonanotte ai figli, la pappa al gatto e così via. A volte passa persino un'eclissi, uno sciame di lucciole, due cinghiali, ma lui ha assoluto bisogno di riposo.

Perchè quest'uomo è tanto stanco, e continua a vivere, grazie alla sua stanchezza data dal lavoro ( risatine di sottofondo), come un cucciolo che sa che, nonostante tutto, la mamma pensa sempre a lui. La casa è in ordine e al sicuro, la bambina e il gatto a nanna e le luci sono spente.

Purtroppo quest'uomo non può garantire tutto questo a nessuno se non come prestazione forzata ed eccezionale che ricorderà chiaramente di aver elargito, perchè quando è capitato di avere il ruolo che non ha ha lasciato le luci accese, la porta aperta, il freezer chiuso male e la spazzatura dimenticata. Come una figlia lasciata a scuola, ma per poco, perchè la badante non gli ha permesso di dimenticarla del tutto(mormorio di disapprovazione in sottofondo).

Io parlo solo di Quest'uomo perchè non voglo immaginare che tutti gli uomini siano così. Sicuramente, come mi ricorda Quest'uomo, c'è di peggio, molto peggio; ma non sarebbe giusto crescere e vivere pensando di meritare il meglio e non il così così? Allora mi chiedo: sarebbe stato meglio nascere lesbica? Non sarà mica il caso di fare esperienze per verificare di non essermi sbagliata anche su quello?

Credo che quest'uomo non sarà felice di leggere questo post, e avrà da puntualizzare con sarcasmo che ci sono delle imprecisioni o uno sguardo eccessivamente negativo che distorce il tutto, ma un po' sarà anche felice per me, perchè finalmente ho sputato quella nocciolina che avevo in gola e che mi dava così fastidio. (E se non lo sarà, chissenefrega)

E mentre la casa è in ordine, i muffin in forno sono già cotti, la figlia dorme, la porta e la finestra sono chiuse e quest'uomo (ma dai?!) dorme e russa sul letto con il cellulare che continua a trasmettere cose, io mi sento finalmente così bene qui seduta sul divano, con il mio vecchio pc e la lucina accesa a scrivere, di nuovo, finalmente.

Così bene che sento che tornerò presto.



lunedì 14 febbraio 2022

Lettere in tempo di Covid

Cari insegnanti di Agata,

vi ho affidato mia figlia nel settembre 2020 sapendo che eravate bravi insegnanti, sia dal punto di vista umano che didattico.


L'ho fatto nonostante, a settembre, avessi saputo che sarebbero state necessarie le mascherine a scuola e mia figlia non sarebbe stata contenta; l`ho fatto anche con un po´ di apprensione,  immaginando che la scuola come gliela avevo sempre descritta e per cui lei aveva ereditato una grande aspettativa non sarebbe stata lì ad accoglierla. 

Agata è uscita a pezzettini dal lockdown: arrabbiata, preoccupata, isolata, depressa. La notte piangeva chiedendomi quando sarebbe finita e io non sapevo cosa risponderle. Pensavo che non ero in grado nemmeno di rassicurarla e non sarebbe bastato dirle di vivere alla giornata o riempirgliela con attività ludiche e ritmi scanditi da un cartellone fatto in casa.

Dopo un paio di mesi di tic e strani comportamenti, con l´aiuto di una psicoterapeuta ne è uscita, ma la rabbia e il disgusto nei confronti di quello che ha subito le sono rimasti.

Avevo lavorato un anno con voi, maestri, e, difetti caratteriali a parte (chi non ne ha, in fondo?), come una certa tendenza all´ansia, ho visto che eravate dei buoni candidati per fare da guide per lei per i successivi cinque anni.

Lei, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Lei, intelligente, sensibile, refrattaria ai cambiamenti, grande lettrice, giocatrice di lego e di bambole, contestatrice, vegana convinta e mangiatrice di gelati fondente e fragola.

Inaspettatamente, tutto è iniziato meravigliosamente. Guarda cosa ho fatto, mamma, voglio vedere i miei amici, che bella la scuola, quando arriva lunedì?

Poi il maestro ha cominciato a chiamarmi e a dirmi che non sapeva come fare, perchè mia figlia non voleva proprio mettere la mascherina, e si avvicinava (orrore!) agli altri e alla sua migliore amica, che non sente ed è senza.

Abbiamo dovuto farle dei discorsi, che la scuola è così e le regole sono quelle, e lei ci chiedeva perchè, allora, ai giardini si poteva non usare.

Abbiamo dovuto reggere il gioco a una ingiustizia.

Il fine settimana è diventato il momento atteso per cinque giorni.

Da quel giorno, periodicamente esce da scuola e sfoga il suo disappunto e la sua frustrazione. Piange in silenzio. Una volta è stata messa in castigo perchè non teneva su la mascherina.

E io, come nella primavera 2020, mi sento impotente. 

Che cosa dovrei dirle, che finirà presto?

Lo sappiamo che prima o poi tutto passa, ma quando?

Non ho una data, e non ho neanche la garanzia che non succederà mai più. 

Vorrei portarla sulla luna, e dirle: guarda, amore, qui non ci sono nè gel, nè distanziamento, nè mascherine.

Ma sulla luna, come in un altro paese estero dove le regole sono diverse, o in una scuola parentale, non ci sarebbero le cose che lei ama di più, e soprattutto le persone.

Non ci sarebbero i suoi compagni, ma anche voi, cari maestri.

Di fronte alla scelta, che mai le imporremo, tra una scuola nuova con contatto e calore umano e una con gel e mascherine ma con i suoi legami di un anno e mezzo lei sceglierebbe comunque la seconda opzione, e soffrirebbe comunque.

Perchè Agata è così.

Oggi scarico la pagella di seconda, primo quadrimestre (non più ritiro, perchè non esiste più, dopo il covid, il rito del confronto con gli insegnanti del ritiro della pagella) e vedo quanti avanzati ci sono. Tantissimi.

Convinta che il giudizio sia comunque più importante e descrittivo rispetto ai livelli(fino a un mese fa ero un insegnante anche io, lo sono stata per ventun anni), scorro rapidamente in fondo.

Leggo: "Il comportamento è corretto. Agata è responsabile, ma talvolta non rispetta alcune delle norme che disciplinano la vita della scuola"

Tutto qua. il comportamento di Agata ridotto al suo atteggiamento nei confronti delle mascherine e del distanziamento, che chiaramente si rifiuta di rispettare.

Ora vi chiedo, cari maestri: vi siete chiesti cosa sarebbe stata mia figlia in quel trafiletto senza le regole del covid, regole che nessuno al mondo avrebbe normalmente accettato in una situazione di logica normalità?

Vi siete mai chiesti cosa sarebbe stata la scuola senza il covid per mia figlia e per gli altri bambini?

Con quale entusiasmo sarebbero arrivati in classe? Quali abbracci vi sareste presi da loro? Quali carezze avrebbero preso loro da voi, senza queste assurde regole? 

Quanti gesti di genuina spontaneità, come prestarsi i colori, passarsi la palla, festeggiare abbracciandosi e altro ancora?

Tu, maestro, non fai nemmeno cantare tanti auguri ai compleanni. E tu, maestra, ti scansi quando Agata cerca di abbracciarti.

Cammino per le strade e vedo gente con la mascherina ancora adesso, che hanno detto che si può togliere. Gente nel nulla, o sola in macchina.

Se questo è stato fatto agli adulti, vi immaginate cosa può essere stato fatto a un bambino?

Non credo che leggerò quella parte della pagella ad Agata, ma sappiate una cosa: preferisco che mia figlia abbia un giudizio che non avrebbe mai dovuto prendere sulla pagella che avere  un bambino che si è adattato tanto alle regole da non poter fare a meno della mascherina o di disinfettarsi le mani anche quando non è prescritto.

Hanno fatto un danno enorme a questi bambini, e voi siete stati complici, per non avere mai dissentito, e come non avete dissentito ora neanche quando vi hanno detto di controllare un qr code per far accedere un alunno a scuola.

Lei, Agata, vi ama comunque. Ma non sa come avrebbe dovuto essere.

Io non vi perdono, maestri.

venerdì 14 gennaio 2022

Cosa sono io


In questi giorni in cui c'è un'alternanza, dentro la mia testa, di compressione e rivoluzione, mi capita spesso di chiedermi chi sono.

Sono quello che rappresento? In questo caso, una brava maestra, una persona cordiale, una madre e moglie, una vicina di casa? Una collega creativa e disponibile?

Sono quello che faccio? Una maestra elementare, una che si occupa (spesso in maniera trasandata) della casa, in modo più accurato della propria figlia?

Mi guardo allo specchio e penso a quello che mi disse una volta mia madre.

Che lei si sentiva sempre lei, lo stesso modo di pensare, di sentire, le stesse idee e percezione interiore di quando era ragazza. Poi si guardava allo specchio e c'era una signora di una certa età. Solo la pelle era cambiata.

Forse, dopo un po', non ci si guarda più veramente, allo specchio.

Ci si passa solo davanti più che altro per controllare che sia più o meno tutto a posto, ma non ci si studia più tanto, come quando si doveva imparare a conoscersi, controllare di poter piacere agli altri e a se stessi da ogni angolatura.

Ci si passa soltanto perchè non si ha più bisogno di tutto questo, ma anche perchè si ha paura, un po', di soffermarsi troppo e rischiare di non riconoscere più quella persona in cui ci si era identificate anni prima, quando conoscersi era l'obiettivo primario della nostra vita.

Il corpo è un contenitore e tale deve essere. Lucidato, curato sì, ma quello che siamo non è più lì, riflesso. 

Quindi, chi sono io.

Al momento, quello che sono non lo so; sono in divenire, come tutte le cose.

E se facessi qualcosa che spezzasse ogni idea che avevo di quello che sono? 


Al di là del mio aspetto, dei miei modi di fare, delle mie espressioni, delle rughe vecchie o nuove so che, in ogni caso, è necessario che per essere me stessa segua il flusso e il mio personale sentire.

Senza questo, senza fare quel che sento che in cuor mio è giusto, io non sono nessuno.


 

giovedì 2 settembre 2021

Tempi bui

 


In questi tempi bui è difficile stare al mondo. Per una come me lo è tanto. Ogni passo uno spigolo, e manca la pace, manca il riposo. Quel momento di serena innocenza, in cui guardi al futuro con idee e progetti. In cui respiri libero. in cui le anime vibrano in armonia con le altre.

Ecco, di questi tempi la voglia di rintanarmi è forte. Di scappare, anche. Trovare un posto, un ambiente, in cui ci sia libertà, empatia, rispetto, amore. Un posto in cui stare con gli altri non implichi un confronto spesso doloroso. Una zona di comfort, insomma, almeno nella fantasia, ma fatico a trovarla.

Ogni tanto cado nel pensiero cupo del mondo e di quello che il futuro riserverà ad Agata. Mi dico, ci abbiamo messo così tanto tempo a farla e ora che mondo le restituiamo? A cosa dovrà assistere ancora? Cosa la aspetta?

Ma poi penso anche che la sua luce, forse, tenderà naturalmente a cercarne altre, e si uniranno tra loro, fino a inondare tutto, e mi acquieto un po'.

Per ora resto. Non scappo, non ne sono in grado. Credo che non sia il momento per me di uscire dalla corrente, perchè il mio fiume è proprio quello in cui nuoto. Cercherò di fare del mio meglio per dare il mio contributo in modo autentico.

Spero di non affogare.

Un saluto


Il 21 marzo, alla fine dell'inverno di quest'anno, la Pippi ci ha lasciati. Aveva quindici anni, abbiamo scoperto dai nostri vicini che l'hanno vista nascere, e noi credevamo ne avesse tredici.

Un tumore alla vescica. problemi di tiroide. Insufficienza renale, chissà.

Io ho iniziato a piangerla già almeno un mese prima, quando l'ho saputo. Non posso però dire che sia stato uno shock improvviso. Avevo cominciato a guardarla, in questi ultimi anni, e a pensare che non sarebbe stata con noi per sempre, così me la godevo. 

Non è stato così per Agata. Lei con la Pippi ha sempre avuto un rapporto da sorella gelosa e ha sempre negato la malattia e l'arrivo della morte e il suo addio le ha provocato rabbia e negazione. Ha iniziato solo un mese fa ad elaborare il lutto. Di lei ha voluto conservare un gioco che aveva voluto comprarle, e che è ancora lì, sul davanzale della finestra del salotto, il posto preferito della Pippi, dove stava soprattutto quando eravamo fuori, come se da lì potesse osservare il momento del nostro arrivo.

Ci sarebbero tante cose da dire e da raccontare, ma correrei il rischio non voluto di perdermi in dettagli troppo poco importanti. Così finalmente mi decido a fare quello che non sono riuscita a fare, il suo elogio funebre. Lo meritava, e noi siamo tenuti a ricordarla. Glielo dobbiamo.


Cara Pippi, ti ho voluto bene. Ti abbiamo amato tantissimo. Io dicevo che eri la reincarnazione di mio nonno, M. non ha mai amato un animale come ha amato te e Agata, beh, l'abbiamo già detto.

Sei arrivata nelle nostre vite piano piano, e ci hai scelto, mi hai scelto, in uno dei momenti più delicati della mia vita. Io non ti volevo, non volevo responsabilità, nè affezionarmi. Ho cercato di mandarti via, te ne ho fatte di tutti i colori per evitare di legarmi a te, ma niente. Tu sei rimasta. Ti sei fatta carico dei nostri momenti difficili, delle nostre malattie. Sei stata onnipresente nella nostra esistenza e nella mia gravidanza, e hai sofferto fino a quasi allontanarti quando è nata Agata, ma hai imparato a volerle bene e a fartene volere. Ricordo tante cose di te. odori, suoni, sensazioni tattili che spero non mi abbandonino mai.

Ogni volta che mi trovavi seduta mi salivi in braccio, non importa cosa stessi facendo, e ti accoccolavi. Sbavavi sui maglioni, mentre "puppavi", e poi puzzava tutto.

Avevi una zona un po' spelacchiata davanti alle orecchie, dove i peli crescevano pochi e ispidi. Ogni tanto ti toglievo il cerume dalle orecchie, ne avevi una con e una senza. Anche il muso era diviso a metà: sotto un occhio avevi il contorno nero, come ti fossi truccata.

Ricordo ancora. 

Il tuo naso rosa e secco. L'odore dei tuoi polpastrelli che mi piaceva così tanto. Il tuo miagolio sgraziato. Il rumore dei tuoi passi nei galoppi notturni in corridoio.

Detestavi restare sola. La notte, qualche volta, piangevi in cucina come in preda al panico, e solo quando ti sentivi chiamare ti calmavi e arrivavi nel letto.

Ti piaceva infilarti sotto le coperte a tradimento, fare gli agguati sul letto, dormire sulle nostre pance, salire sul tavolo e sul frigorifero.

Sapevi parlare, e non ci credeva nessuno.

A volte per sentirti più parte della famiglia mangiavi con noi. Hai mangiato il minestrone e anche le mandorle tostate.

Avevi un alito terribile.

Ti piaceva più la compagnia degli umani che degli altri gatti e forse è stato il motivo che ti ha spinto a lasciare la tua prima casa e a venire a stare da noi.

Ogni volta che uscivo di casa e andavo nell'orto mi seguivi come un cagnolino e galoppavi letteralmente. Eri felice.

Hai ucciso, per noi, un pettirosso, un ratto e tramortito un serpente.

Quando stavi per andartene ti sei allontanata piano piano, per non disturbare, a poi ci hai salutato tutti. Lo hai fatto davvero.

Nelle ultime sere passate insieme venivi in braccio mentre leggevo la storia ad agata e lei, così gelosa del suo momento, ti faceva stare. Sei andata persino a salutare i tuoi ex padroni. Sei salita in braccio a tutti noi, per congedarti nel modo migliore.

 Ti abbiamo amato tanto, e ci manchi continuamente. So che la mancanza diminuirà, e che si trasformerà in ricordo amaro, e poi in ricordo piacevole. Ma nei nostri cuori non sei mai morta, perchè hai fatto parte (e ne fai ancora) della nostra famiglia.

Spero di rincontrarti, un giorno.

Grazie.






lunedì 2 settembre 2019

vecchi amici

Due anni. Guarda caso, di nuovo a settembre.
L'estate non è sempre una vacanza quando si è da soli a fare tutto, neanche per una che, come me, ha due mesi di ferie.
O forse sono io. Complicata, arzigogolata, poco easy, per niente fluida. Il risultato però è lo stesso. Io arrivo a settembre ridotta come un calzino appallottolato.

Questa è la mia ancora, il mio salvagente. Quando le cose si fanno difficili, quando mi sento affogare o il mio corpo e la mia mente gridano aiuto, riesco in genere a trovare un modo per uscirne, o almeno ci provo.E la scrittura è il mio soccorso. Un modo per esternare, per mettere ordine nei pensieri. Per renderli concreti, palpabili. Per giocarci e prendere le cose più alla leggera o, al contrario, dare loro il peso che meritano. Per avere una buona scusa per stare sola con me stessa, un momento di pace e coccola. La mia terapia.
Ogni volta che cerco il mio salvagente vorrei che questo mio rapporto, che dura da quando ho iniziato a scrivere, diventasse regolare, se non proprio quotidiano. Forse, penso, non mi ritroverei periodicamente a boccheggiare.
Non so.
So soltanto che questi cinque minuti scarsi di primo mattino, in cui ho deciso di strisciare giù dal letto mentre tutti dormivano, è già un regalo, e io mi sento un pochino meglio, come dopo una chiacchierata con un vecchio amico.