domenica 22 dicembre 2013

Tempo di attese, fini e inizi

L'inizio del mio stop al lavoro per maternità coincide col giorno più corto dell'anno, il solstizio d'inverno. Apparentemente sembra l'inizio del periodo più buio, ma in realtà da questo momento in poi le giornate cominceranno ad allungarsi gradatamente, per fare riaffacciare il mondo alla primavera e alla rinascita.  Quale momento migliore per "covare" e prepararsi alla nascita di un bambino?
Sono stati, questi appena trascorsi, i giorni più faticosi e stressanti dell'anno, ma anche i più intensi e commoventi. Ho salutato i miei alunni, preparato recite, impacchettato biglietti e lavori natalizi, compilato documenti e registri, svuotato mezzo armadio a scuola. Giravo con un elenco di cose da fare per paura di scordarmene qualcuna. Per completare l'opera, ho accatastato sette quintali di legna e poi fatto le pulizie di primavera, estate, autunno e inverno a casa e mi sono spezzata la schiena sul divano letto perchè M., che per qualche tempo è stato via, ha invitato da noi per qualche giorno degli americani. Quando ormai ero sull'orlo dell'esaurimento, mi sono resa conto che avevo finito di fare tutto il dovuto e che i miei alunni mi stavano ricoprendo di affetto, regali, biglietti, lacrime (che non mi sono risparmiata neanch'io, e proprio davanti a tutti, genitori compresi).
Insomma, roba grossa.
Adesso mi sono presa due giorni per riposarmi e dormire un po', e sento di averne proprio bisogno.
Temevo di annoiarmi, una volta messo lo stop, ma mi ritrovo già ad avere l'ansia di non riuscire a fare tutto quello che ho in programma per la nascita della bambina.
Sono tre mesi che lavoro a una copertina e sono arrivata soltanto a metà!

sabato 7 dicembre 2013

Babbo natale e compagnia bella

E' difficile, in genere, che mi metta a pensare a quando la bambina (Agata? Margherita? A me piacevano Rachele, Nora e Olivia, ma M. rotea gli occhi e ripete Agata come un mantra)sarà già nell'età della ragione.
Oggi, però, mentre mi mettevo a fare l'albero, pensavo a queste cose e mi chiedevo se comportarmi come si sono comportati i miei genitori con me (cioè come la maggior parte, penso) sulla faccenda di Babbo Natale, oppure cambiare rotta. Quando, spinta dalle insinuazioni dei compagni di scuola, ho chiesto spiegazioni in merito, i miei hanno risposto che Babbo Natale viene finchè ci credi, ed è quello che puntualmente dico ai miei alunni che mi pongono la tremenda domanda.
 Io, comunque, ho avuto un'infanzia magica, e il Natale era una delle espressioni di quella magia. A dir la verità aspettavo Gesù bambino (andavo dalle suore), il che forse aumentava l'inspiegabilità dei doni ma anche il senso mistico della cosa, e la sera della vigilia portava una carica di attesa incredibile. Andavo a dormire, chiudevo la porta e mia mamma lasciava le luci dell'albero, nella stanza accanto, accese tutta la notte. In quella luce giallina che vedevo attraverso il vetro zigrinato della porta si compieva la magia, e la mattina dopo mi ritrovavo davanti all'albero pieno di regali intorno, tuffandomi ancora all'alba, sola, a scartare i pacchi.
Un po' vorrei che nostra figlia godesse di quella magia e di quel presunto miracolo, ma il Natale ultimamente ha assunto sempre più i connotati della celebrazionbe dell'acquisto, dell'avere tutto per forza, e per i bambini, diventati oggetto di pubblicità mirate, un pretesto per chiedere e dare tutto per dovuto. Certo, se sapessero che i regali li facciamo noi ci toccherebbe pure spiegare perchè non glieli abbiamo comprati come li volevano. 
Solo che non riesce ad andarsene quella vocina nella mia testa che mi ripete che è una fregatura, che è una bugia che si protrae troppo a lungo, molto peggio degli elfi o delle fate o del topino dei denti (che arriva solo finchè li perdono!). E poi chi ha detto le le fate non esistono??
Ma come far crescere una bambina senza la bugia del Natale, ponendole pure il veto di dirlo ai coetanei che ci credono? Eliminare il Natale non si può e non voglio, ho visto bambini testimoni di Geova soffrire troppo, se non per la privazione, almeno per il non potersi lasciare andare di fronte ad uno stimolo così potente.  Io non sono religiosa ma il senso del Natale per me è una cosa irrinunciabile.
Così ho pensato ad un'alternativa: perchè non fare il Natale così come lo facciamo a casa io e M.? Per noi è magico anche se non c'è Babbo Natale, ed il momento migliore è quello che passiamo io e lui, davanti all'albero, la sera della vigilia. Prima di andare dai parenti e farci travolgere dalla fiera del consumismo, delle liti coi genitori e dalla kermesse dell'ingrasso, noi due ci scambiamo i regali davanti all'albero, a cui lascio per un giorno le luci accese di continuo. 
L'aria frizzante, gli addobbi, l'albero, la musica, l'intimità e l'amore sono le cose che danno la magia, e un giorno potremmo rivivere questi momenti con la bambina, noi tre, magari senza vedere i parenti, per quella sera, come facevo io coi miei. Allora il piacere di stare insieme, di cucinarci qualcosa di buono e di scambiarci un regalino semplice, o fatto a mano, prima noi  e poi anche lei, se e lo vorrà, daranno da soli (se proprio soli si vuol dire) il vero senso del miracolo.

venerdì 8 novembre 2013

Lasciar andare

Mancano una quarantina di giorni al momento in cui mi fermerò dal lavoro(o, almeno, così avrei deciso). Quaranta giorni al momento più buio dell'anno e all'inizio di una fase di cova e intimismo ben diversi dal modo in cui sto vivendo ora. Calma, tranquillità, tempi rilassati, pochi e pacati rapporti sociali: quello che ho sempre desiderato ora mi atterrisce, ora che mi sto assuefacendo piacevolmente al chiasso della scuola e alle levatacce. La quinta è divertente, rilassante: ormai si è alla fine, ci si vuole bene, i rapporti sono sciolti, fluidi e ci si può permettere qualche sgarro alle regole e cose e discorsi "da grandi".
Quello che chiamo lavoro non è un lavoro, ma sono relazioni, rapporti, affetti, progetti. Il pensiero di lasciare i bambini che ho seguito per quasi cinque anni, ma anche lasciare tutti i progetti che avevo (specialmente di italiano e musica) in mano ad un'altra persona, che difficilmente li seguirà perchè non sono i suoi, mi angustia un po'.
E poi c'è IL problema: l'insegnante che forse mi sostituirà non sembra proprio averne voglia (figuriamoci l'entusiasmo) e non sa la grammatica. Non che abbia bisogno di un ripassino, i dubbi li abbiamo tutti, no: proprio non la sa. E non ammette di non saperla, il che sarebbe già qualcosa. 
Prevedo disastri colossali e mamme che si mobilitano e mi telefonano o vanno dal direttore e mi spiace per questi bambini che avrebbero diritto ad essere accompagnati fino alla fine se non dalla stessa persona almeno da una persona valida e in grado di sorreggerli.
E' difficilissimo lasciar andare; non mi ero mai figurata come qualcos'altro che non fosse l'essere me-e-basta, fatta come sono, con i miei interessi, difetti, passioni e pensieri. Ora non sono più solo me e basta, ma sono due, e l'interesse di chi ho dentro viene prima di tutto. Forse questa bambina non è arrivata prima perchè non ho trovato prima lo spazio interiore dentro di me. Adesso, però, per lasciarla crescere dovrò imparare a farle altro spazio, imparare a lasciare andare tutto il superfluo e anche quello che prima non mi  sembrava affatto superfluo, ma importante ed essenziale.
Che poi sarà un lasciare andare come l'acqua sul fondo del fiume: la fai scorrere tra le mani ma quello che ti resta in mano, i detriti, più pesanti, sono quello che conta. Il fatto di saltare un quadrimestre non mi potrà mai togliere il segno che ha lasciato su di me ogni singolo bambino di questa classe, l'ultima prima dell'arrivo di mia figlia.
Che non ha ancora un nome, ma i miei alunni, entusiasti, mi hanno già rifornito di una serie di elenchi non appena ho dato loro la notizia.

domenica 27 ottobre 2013

pomeriggio e uggio

Eccomi qui, stufa accesa e pioggerellina senza fine fuori, a pescare dal barattolo della pasta di sesamo con un cucchiaino, e a passare una giornata intera nell'ozio totale. Gli unici sforzi sono stati farmi l'hennè, preparare le lezioni e bollire un cavolfiore. Questa settimana è stata lunga e impegnativa e, anche se avrei preferito una bella giornata di sole e una passeggiata in compagnia, oggi ho deciso di recuperare le energie. M. ha tenuto un corso di flauto a Palermo per tutto il we e, dopo aver visto un'amica ieri e aver fatto, venerdì, delle improbabili pulizie autunnali, oggi sono in siesta, sola.
Non sola, per la verità, ma sole. E' femmina, nonostante fossimo tutti convinti del contrario. Dopo un iniziale sconcerto, ci siamo già buttati nel toto nomi.
M. ama i nomi di una volta e quelli presi dai fiori, a conferma dell'idea che l' uomo ha immancabilmente delle femmine: creature dolci, fragili, delicate. Non è così ovviamente, e io dovrei esserne la conferma, ma questo modo di vedere non credo lo abbandonerà mai, persino dopo avermi visto partorire.
Io, invece, sebbene all'inizio della mia lunga storia di maternità desiderata preferissi una bambina, piano piano ho immaginato che avrei avuto un maschio. Ora l'idea di una creaturina apparentemente più fragile mi spaventa un po'. So che dovrà fare più fatica di un maschio per un sacco di aspetti della vita e ho intenzione di darle, oltre all'amore, anche autonomia di pensiero e libertà di parola e azione. Vorrei che si percepisse non tanto come essere femminile(quello viene da sè), ma come persona, e che sapesse che davanti a lei c'è un mare di possibilità e di scelte, senza obblighi di genere.

Intanto, l'autunno ha già varcato le porte dell'anno; manca solo il freddo, ma senz'altro non tarderà ad arrivare. Mi chiedo già se sarò in grado di passare la mia maternità invernale con energia, coraggio e spirito d'iniziativa, senza farmi prendere dall'inedia. Se riuscirò a mettere in pratica i miei propositi: cucire un paio di fasce, lenzuola e vestiti, un paio di pupazzi; scrivere un racconto al giorno, uscire spesso a fare passeggiate sul mare e nel bosco, pioggia e neve permettendo. Cercare di non abbandonare l'orto, almeno fino alle prossime semine.
Vedremo. Quando le domande sono troppe, la cosa migliore da fare è semplicemente vivere il presente con ottimismo. E un pizzico di energia.

domenica 6 ottobre 2013

ridere

Quando sei piccolo impari a ridere e poi ridi, ridi il più possibile, finchè qualche adulto non ti comincia a dire che ridi troppo. La mia maestra ce lo ripeteva sempre: il riso abbonda sulle labbra degli stolti.
Eppure è così bella la risata dei bambini: cristallo in gocce allo stato più puro. 
Noi adulti, grazie ad altri adulti un tempo, ci siamo irrigiditi, ingrugniti, innervositi. Ridiamo poco.
E il riso comincia dal sorriso, una predisposizione alla felicità che nasce da dentro, prima ancora di venire fuori come espressione.
Quando, a scuola, parlo con le colleghe, magari a ricreazione, e rido con loro, di solito con la coda dell'occhio mi accorgo che c'è qualche bambino che mi guarda con espressione estatica. E' come se, sollevati, pensassero :"allora sono umane, le maestre!" Per non parlare di quando rido con loro e, in un momento di nonsense, succede qualcosa che fa scappare a tutti una fragorosa risata.
Ridere con gli altri è il modo di ridere che preferisco. Si crea un'energia fortissima che unisce all'istante. Ridere insieme unisce molto meglio che piangere insieme.
Basta cedere le resistenze e rilassarsi.

Il marito perfetto

Il marito perfetto? Io non ce l'ho.
Quello alla svedese, per intenderci, ma anche un po' alla canadese, all'italiana moderna, alla anni duemila e rotti. 
Quello che lavora fuori ma part-time, mai distratto, che rifà i letti, cambia i pannolini, gioca coi bambini, prepara da mangiare, butta la spazzatura e ha voglia di chiacchierare, la sera. Che "vede" il lavoro, quando c'è, e si mette in moto all'istante. Un multitasking contemporaneo.
Come dicevo, non ce l'ho. Il mio lava i piatti a giorni alterni e il fine settimana cucina. Quando la casa sta per esplodere mette un po' a posto; ultimamente, visto l'incintamento, taglia l'erba, mi aiuta a portare la spesa e magari ritira la roba o stende, ma il suo lavoro domestico finisce qui. 
Ok. Lo so. Lavora 40 ore a settimana e io invece meno di trenta, ma se ci metto le due ore di viaggio per andare a scuola, il tempo per correggere e preparare le lezioni a quaranta ci arriviamo quasi, dai.
Mio marito non fa solo questo, comunque. Lascia le luci accese quando esce, il freezer o il frigo aperti, la spazzatura col coperchio spalancato, i calzini sporchi in giro, i peli della barba nel lavandino; spesso non tira la catena (e non perchè è ecologista) e, se lo lascio tre giorni a casa da solo, è capace di far venire la muffa rapida sui muri perchè non apre nemmeno una volta finestre o persiane. Qualche volta, presa dallo sconforto, gli chiedo come faremo, una volta che qui dentro ci sarà un bambino in carne e ossa e io non sarò più così efficiente e lui mi risponde che farà quello che ci sarà da fare.
Appare quasi convincente, in questi momenti.
L'altro ieri sono tornata a casa dal lavoro dopo aver passato una notte fuorni casa e lui mi annuncia con un messaggio che mi voleva far trovare un regalino. Faccio il giro della casa cercando questo regalino e trovo qualche asciugamano piegato in camera da letto (metà del bucato che aspettava di essere sistemato), la spazzatura chiusa, con tanto di codice a barre sul sacchetto, ma dimenticata nel secchio(e facendo il compost noi la possiamo buttare solo una mattina a settimana...) e il letto fatto, ma un po' storto.
La notte, dormendo nel letto rifatto da lui, mi sono accorta che non c'erano coperte nè dai piedi nè dal mio lato, e sono rimasta scoperta tutto il tempo.
Sono puntigliosa? Ho la mania del faccio-bene-solo-io? La sindrome del controllo? Può darsi, ma resta il fatto che lui aiuta poco in casa, e si crede di fare molto.
In effetti ci sono altre cose che fa e che non ho annoverato nell'elenco iniziale. 
Mi bacia tanto. Mi abbraccia sempre. Mi prende in braccio. Raramente dice di no quando gli chiedo qualcosa. Mi guarda ancora come i primi tempi. Mi sostiene (fatta eccezione per idee un po' troppo...ehm...radicali). Mi fa sentire libera, apprezzata e amata. Spesso mi tiene la mano quando dorme e mi sussurra parole d'amore nel sonno.
Con queste premesse, se la coperta è storta e mi scopro la notte perchè ha fatto male il letto che importanza ha?
Anche perchè, alla fine, mi sa che il marito perfetto non esiste.

martedì 24 settembre 2013

Diversa

Lo so, un po' sono diversa. Ma solo nel senso che faccio scelte non così consuete, ho idee non così consuete, ma non è che viva fuori dal mondo o sia una pazza radicale integralista. 
Così, rieccomi a rodermi il fegato perchè nel 2013 continuo a sentirmi dire che dovrei mangiare, da incinta, una bella bistecca (mia suocera, e chi se no?). Che del parto in casa non se ne parla perchè è troppo rischioso, che bisogna dare la carne ai bambini nello svezzamento (questo è M.). Che devo smettere di lavorare subito perchè non sono più una ragazzina (colleghe e conoscenti). E già sento che sarà una lotta, una lotta continua, costante e dura, che peraltro è già iniziata. Contro pregiudizi, preconcetti, idee vetuste. La gravidanza è uno stato speciale, ma non è una malattia. E ogni donna, possibilmente col suo partner a fianco, ha diritto di gestirla come si sente. Stessa cosa per l'educazione dei figli.  
Eppure tutte le scelte che ho fatto fin'ora per la mia salute, la mia vita e il mio lavoro sono state sensatissime ed equilibrate, giuste. Dettate dal ragionamento ma anche da un profondissimo sesto senso. Se non avessi rifiutato di fare la terapia allo iodio radioattivo programmata per il giugno scorso, col cavolo che sarei qua a parlare di gravidanza.
Così mi ritrovo a buttare via in blocco un pacco regalo che mi hanno dato quando sono andata in ospedale a fare un'ecografia. Giornali di pubblicità pieni di luoghi comuni sulla maternità con facce di neonati ripresi in sguardi ammiccanti. Prodotti, dépliant e omaggi Chicco, Napisan e via dicendo. Davanti alle foto dei trio, ammassi di catafalchi pesantissimi per portare i bambini per strada per quattro o cinque mesi, mi viene l'orticaria.
So che qualche concessione ai luoghi comuni dovrò farla, prima o poi. Che nel guardaroba del mio bambino senz'altro comparirà qualche vestito made in China regalato da un parente. Che non è detto che riuscirò ad essere fedele a me stessa e ai miei principi, proprio perchè non sarò la sola a fare le scelte, questa volta. 
Ma finchè potrò, porterò avanti la mia personale bandiera anti bimbo-marketing, anti culle, carrozzine, vestiti firmati, eccessi di giocattoli, pannolini usa e getta e carne allo svezzamento. Pro fascia, allattamento, gravidanza vissuta naturalmente e, magari, parto in casa, che ancora è visto come roba da medioevo. M. non mi spaventa. E' solo ansioso, e mi ama. Ha imparato a capirmi, e fidarsi, con un po' di pazienza da parte di tutti e due. Questo mi basta.

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sabato 21 settembre 2013

Fine settembre

Ma chi l'ha detto che la fine dell'estate è triste? Arrivati a questo punto, l'inverno è ancora lontano e la natura non si risparmia, anzi: offre alcuni dei suoi doni più preziosi. 
Tanto per cominciare, nelle giornate di sole il clima è pressochè ideale: si alterna un piacevole tepore all'aria frizzantina che stuzzica i sensi. E che dire dei frutti? L'altro giorno ho fatto una passeggiata nel bosco qui dietro (ma perchè non lo faccio più spesso?). Quasi ogni pianta regalava i suoi frutti: noci, nocciole, more, frutti della passione, uva, mele selvatiche. Per non parlare dei funghi, che non ho ancora trovato nè cercato, ma che già mi pregusto, magari cotti in padella con le patate.
Sono tornata a casa con le mani piene di more, con cui ho fatto una composta con agave e succo di limone, e le tasche di noci fresche. 
Di sera, mentre la zuppa di zucca dell'orto sobbolliva sul fuoco, mi venivano in mente le parole di M., che è di nuovo in Germania a suonare ( "ma sei andata da sola? e se succedeva qualcosa??") e di mia suocera ("ma non ci stai male da sola?") e io pensavo che no, da sola non ci sto male. Primo perchè il mio spazio e il mio tempo sono solo miei, quindi gestiti in modo autonomo; secondo perchè l'abitudine alla solitudine mi ha educato a trattarmi con cura, a coccolarmi, e a non usare il tempo da sola come attesa della compagnia, ma in modo pieno e consapevole.
E poi non sono sola. Nel bosco eravamo in due.
Altrimenti, giuro, non avrei cantato quelle canzoni idiote mentre passeggiavo.

lunedì 19 agosto 2013

Appunti di una fattrice

Mi ero ripromessa di scriverne il meno possibile, ma questa gravidanza è solo iniziata e già mi è crollato quel minimo di idea romantica che ne avevo prima. 
Quando vedi una donna incinta in giro sì, ti sembra un po' appesantita, a volte si tocca la pancia come in preda a qualche piccola contrazione, ma nessuna di loro si sogna di andare a sbandierare in giro tutte le menate che comporta il suo stato. A un certo punto forse si soffre di un'amnesia, una carenza della memoria a breve termine, non lo so. Fatto sta che, dal momento in cui si decide di comunicarlo a qualcuno (e dunque di cominciare a crederci, con tutti i rischi del caso), il mondo dentro e fuori comincia a girare al contrario.
Tanto per cominciare, i parenti e qualche amico pensano di doverti dispensare i consigli e le loro verità tutte personali come se fossero dogmi: se ti viene la nausea non lo perdi, ora piantala un po' di zappare nell'orto, non fare sforzi, non devi assolutamente dimagrire e così via. Ognuno ha la sua reazione: chi piange a dirotto, chi ride fino a cinguettare, chi non capisce cosa sia successo - mio suocero - e, dopo un quarto d'ora di esultanza degli altri, continua a chiedere: chi è che è incinta??
Qualcuno ti raccomanda di non parlare ancora dei nomi, che è presto, ma ti propina quasi con violenza un orribile lettino che è servito già a metà della famiglia e non posso assolutamente rifiutare.
Tento di trovare rifugio in mia madre, che mi conosce bene, ma anche lei sembra aver avuto una metamorfosi, e parla già di dirlo a zii e cugini e mi chiede quando andiamo a comprare qualcosa.
Una pressione dopo l'altra, insomma, come se non avessi già abbastanza ansie di mio.
Questo è niente: a nemmeno due mesi di incintamento cominciano già le menate dal punto di vista fisico. A volte mi trovo catatonica e dormo tutto il giorno, ho la tachicardia, la pressione bassa, persino le vampate. Leggo che è meglio usare deodoranti senza alluminio e ne compro uno bio agli agrumi, ma mi fa puzzare come una capra e in più il suo odore mi fa vomitare perchè mi ricorda il Fluimucil. L'olio di mandorle puzza di cimici schiacciate e l'odore della spazzatura mi schifa più del solito.
Le difese immunitarie mi si sono abbassate e mi ritrovo con un linfonodo ingrossato, un'afta in bocca e i funghi sulla fronte. E che dire dell'alimentazione? Già sono vegetariana, ed è una mia scelta. Solo che a causa del rischio di toxoplasmosi devo lavare la verdura con l'amuchina. In più c'è il sospetto che sia anche celiaca, ed è troppo tardi per fare gli esami specifici, così devo mangiare senza glutine. Vai un po' a mangiar fuori a queste condizioni....
 E' appena cominciata, ne sono consapevole. Le cose peggioreranno, e se sarà così dovrò ritenermi fortunata perchè vorrà dire che questa gravidanza andrà a buon fine.
Mi sento uno schifo a pensarlo e dirlo, ma con l'adozione il bambino me lo sarei trovato già fatto. Lo so, è diverso, e non riesco ancora a togliermi il senso di colpa per aver lasciato un bimbo a piedi, senza genitori, uno che non li aveva. Dare la vita, dar forma all'amore in questo modo è meraviglioso, ma avevo abbandonato da tempo questo progetto e ci vorrà ancora un po' per riaffezionarmici. 
Devo solo sentire questa cosa come solo mia e di M., e di nessun altro. 
(Soprattutto non di mia suocera, che appena ha saputo la notizia ha esclamato che voleva proprio un nipotino che assomigliasse a M., facendo capire che in caso di adozione non sarebbe stata affatto contenta. Non voglio sentirmi una fattrice di eredità cromosomica, ma una mamma e soprattutto donna con un'autonomia di pensiero e azione. A questo punto spero che, per qualche gene antico o mutazione generazionale, il bambino nasca nero!! Sai che disdetta?? ;-D)

lunedì 12 agosto 2013

Eco...quanto?

Oggi sono in vena di stime (e ultimamente di elenchi) e un po' ho anche voglia di gongolarmi. L'altro giorno mi sono ritrovata a fare il punto delle cose che faccio (che facciamo in famiglia ma, diciamo, quella che tira il carretto da questo punto di vista sono io) nel mio piccolo per contribuire a diminuire l'impatto ambientale della mia esistenza. Vediamo...
- per andare al lavoro prendo il treno anzichè la macchina. E' anche una questione economica, diciamolo, e se potessi andrei a piedi o in bicicletta, ma ahimè, il simpatico ministero della pubblica istruzione ha deciso che, nonostante abbia marito e casa a 50 km dal lavoro, essendo fuori provincia ha più diritto di me ad un posto qui vicino qualcuno che, con meno punti ed esperienza, abita già nell'ambito del comune (notasi sottilissima vena polemica...);
- separiamo i rifiuti e abbiamo un sistema di raccolta porta a porta (chi non lo fa ancora è un buzzurro);
- pratico l'attività di compostaggio (meglio tornare alla prima persona singolare, và)e ho un orto RIGOROSAMENTE bio, un po' selvaggio ma efficiente;
- riciclo l'acqua di bollitura delle verdure e dei legumi (che, quindi, cuocio senza sale) per bagnare i fiori del terrazzo;
- pratico, ove possibile, l'autoproduzione: oltre all'orto, faccio il pane in casa, le conserve, ho in progetto di continuare a farmi qualche vestito da sola e realizzo oggetti per la casa con materiale di riciclo;
- ho la sindome del castoro: penso dieci volte come può essere riutilizzata una cosa prima di essere buttata e penso a come utilizzare quel che trovo in giro. Non mi vergogno a dire che la seggiola in giardino e il mobiletto che c'è in ingresso sono stati trovati vicino alla spazzatura e opportunamente rimaneggiati e restaurati da noi (stavolta il "noi" ci sta). L'armadio in camera da letto, che sembra un ottimo pezzo di artigianato retrò, stava una volta in un deposito della scuola dove lavoro :-);
- usiamo (solo in cucina, purtroppo) la stufa a legna per riscaldarci, bruciando i tronchi degli alberi caduti che ci sono nel bosco dietro casa dei miei suoceri;
- sono vegetariana e, pur non essendolo per motivi ecologici ma soprattutto etici, questa scelta influisce molto sull'impatto ambientale degli scarti dell'allevamento;
utilizzo borse in stoffa anzichè in plastica per fare la spesa;
- mangio solo prodotti di stagione e a km zero, quando posso, e se faccio la spesa opto per prodotti con meno imballaggi possibili(in casa beviamo l'acqua del rubinetto, usiamo spazzolini con testina intercambiabile, saponi liquidi ricaricabili ecc...);
- uso detersivi ecologici e faccio largo uso di aceto e bicarbonato per l'igiene della casa;
- abbiamo la macchina a gpl, anche se la prossima sarà sicuramente a metano (il più tardi possibile, però!);
- da un po' di tempo cerchiamo di comprare i vestiti e le scarpe da artigiani locali o, comunque made in Italy. Questo, più che ecologico ed economico, è etico e logico, visto il trattamento che certe grandi ditte di abiti riservano ai loro lavoratori.

sabato 10 agosto 2013

Ali

Ma chi l'ha detto che le farfalle erano scomparse per l'inquinamento?
Durante questa magnifica estate ho notato, qui in campagna dove vivo, un aumento della quantità di creature dotate di ali, ma M. mi ha confermato che qualche farfalla è entrata persino nel suo ufficio, in città.
In particolare, ogni giorno assisto a fischi, sibili, frulli, ronzii, svolazzamenti, perlustramenti, succhiamenti, posamenti (perdonatemi il glossario di fantasia) di:
- cicale (e se no che estate sarebbe??);
- libellule che, coloratissime, quest'anno si sono spinte oltre il canale e me le trovo ovunque, nell'orto e perfino sul terrazzo;
- coleotteri volanti(esistono?);
- zanzare (e quando mai spariranno?)
- pipistrelli, che se le mangiano;
- aironi cinerini;
- qualche rapace (poiane o falchetti);
- un insetto stranissimo che non ho ancora capito cosa sia: sembra un colibrì in miniatura e ha una cannuccia con cui succhia il nettare dai fiori;
- per finire, variopinte, svolazzanti, incredibili farfalle.


giovedì 8 agosto 2013

preamboli di rivoluzioni

Cicale che friniscono, la ratatouille sul fuoco, caldo afgano, la Pippi che dorme sulla ghiacciaia. Sembra un giorno d'estate come un altro, e invece no. Certe rivoluzioni esplodono da un momento all'altro, in mezzo al silenzio(o quasi).
Pochi giorni fa qualcosa ha già iniziato a rivoluzionare la mia vita e quella di M., anzi, per la precisione ci ha investito con la delicatezza di un treno: inaspettatamente, dopo quasi otto anni di presunta infertilità, quando stavamo per firmare i documenti per dare l'incarico all'ente per le adozioni internazionali e attendevamo la chiamata del tribunale dei minori per la nazionale, ho scoperto di essere incinta. 
Non sto a raccontare le emozioni, la situazione assurda e la concomitanza di eventi che sembra averci condotti a questa cosa: non voglio che questo blog sia il diario di una gravidanza. E poi non si sa come e se andrà. Quel che è certo è che, al di là delle paure(un miliardo), dello stordimento, del dispiacere, in qualche modo, per aver, almeno per ora, abbandonato la strada dell'adozione (e, in qualche modo, un bambino da qualche parte che  sarebbe stato nostro figlio), dell'euforia (non dormo più di quattro ore per notte e M. mi guarda come se fossi nuova e di vetro), la nostra vita ha preso una via nuova. Non si sa dove ci porterà e, se saremo così fortunati da riuscire a portare a termine questa gravidanza, faremo comunque tesoro del percorso, difficile ma utilissimo, che abbiamo fatto in questi anni.
Canmmino per strada come se custodissi un segreto ma l'idea che tra un po' il mio corpo sarà oggetto di tante attenzioni non mi esalta granchè. Da un lato avrei preferito l'essere alla pari con M.: l'adozione ti dà questa possibilità, mentre ora sarò io a portare la responsabilità maggiore. Però è successo, e non possiamo che vederlo come una benedizione.

Non lo sa ancora nessuno, a parte pochi intimi o non intimi ma che si sono trovati sulla nostra strada al momento di apprendere la notizia, e tra questi non ci sono neanche i genitori. Aspetteremo ancora un po', prima che il mondo ci travolga e che il cambiamento appaia, per la presenza di testimoni, evidente e reale.

Nel frattempo, ho un assoluto bisogno di continuare a vivere come prima, fare le cose di prima (tanto è vacanza)per sentirmi sempre io; per far mio questo percorso, questa esperienza, questa metamorfosi globale in modo consapevole, senza sentire di dover impersonare un ruolo predefinito. 
Per quanto immagino che cambierò, cambieremo, cercheremo di farlo, come sempre, in modo personale e "nostro", come abbiamo affrontato ogni aspetto della nostra vita e ogni scelta fin'ora.

Intanto, fuori, le cicale continuano a frinire. La ratatouille è quasi pronta e nell'orto urge un intervento: bisogna preparare la terra per i cavoli!!

venerdì 31 maggio 2013

Quello che sono

Ultimamente mi capita spesso di trovarmi a discutere, seppur pacificamente, con generi di persone diverse a causa delle mie idee che non sempre trovano condivisione. In effetti, se ci penso, dopo un po' che la gente inizia a conoscermi vengo bollata come "la particolare", e non è che mi dispiaccia, anzi, ma il risultato è che faccio l'alternativa senza trovare, nella stragrande maggioranza del comune volgo, qualcuno che la pensi come me.
Così mi sento sola.
E' arrivato il momento di sviscerare le mie idee pubblicamente(per quanto possa essere un blog così poco frequentato) e dire a tutti quello che sono. Così, sempre che qualcuno passi di qui, ove non troverò pietosa accondiscendenza o silenzio, potrò magari spuntare qualche minima espressione di solidarietà. 
Cosa sono, dunque?
Sono quella che pensava di fare i miracoli da bambina (e non solo), che scrive quando ha bisogno di scrivere, che si sente di sinistra quando si intende per sinistra parità di diritti, equità, rispetto, uguaglianza; che passa il suo tempo libero a zappare nell'orto, che ha scelto di non mangiare animali, adottare un bambino e vivere in campagna, lontano dalla famiglia, che piange quando vede un animale che soffre ma che fa fatica a piangere per la sofferenza interiore; sono quella che è favorevole all'adozione da parte degli omosessuali, che non ama i ruoli prestabiliti, che vorrebbe la donna al lavoro e il marito a casa, che balla di nascosto, che soffre di crisi di astinenza dal cacao, che si offende ma sa perdonare, un po' ipocondriaca, miope, golosa, pigra, che sogna tanto e ricorda e parla e parla di continuo.
Sono questo e molto di più, ma sono questo oggi, non si sa domani, perchè tendo all'evoluzione, alla ricerca del benessere, e quindi domani chissà, sarò qualcosa di più e qualcosa di meno.

martedì 28 maggio 2013

Caro bambino,

avessi visto quante aspiranti mamme, quanti papà, c'erano ieri davanti a quella porta verde. Tutti speravano, fremevano, sognavano di averti tra le braccia, di poterti cullare, amare, curare, di fare di te un figlio e di loro stessi genitori. Ti abbiamo immaginato in sedici, abbiamo pianto, passato notti in bianco, sperato di essere scelti per te. Nessuno, se non gli interessati stessi, può immaginare le emozioni della coppia che è stata eletta per farti da famiglia. Difficile anche spiegare le emozioni delle mamme e dei papà scartati, dopo averti visto, ciascuno in modo diverso, in una culla nella loro casa.

Ti auguro una vita serena, felice, sana, e la auguro anche ai tuoi fortunati neogenitori. Anche loro, dopotutto, meritavano di diventarlo.

Spero che, un giorno, ti racconteranno di quella porta, e di quel momento in cui sei diventato figlio nei cuori di tutti, prima ancora che in quello di due persone.

giovedì 25 aprile 2013

della colazione, ovvero cosa fare con farina e un po' d'acqua

Da un po' di tempo ho voglia di postare qualche ricetta sperimentata e consolidata, giusto per non perderne la memoria quando mi stuferò di cucinarla. Niente a che fare con quei bei blog di cucina che ogni tanto sbircio, anche perchè mi manca qualcosa di essenziale: la possibilità di fare foto comodamente e immediatamente inserirle nel blog (non possiedo un i-phone e prendere la macchina fotografica, collegarla al pc con il cavetto, scaricare le foto e inserirle mi costa troppa fatica). Comunque tenterò di superare questo handicap e comincerò con un piatto del mio pasto preferito: la colazione. Io adoro fare colazione, ci penso prima di andare a dormire (solo quando sono a dieta) e appena mi sveglio, anche se sono solo le cinque e mezza, e mi piace variarla il più spesso possibile. Ultimamente ho preso a fare delle specie di crèpes-frittelle gustose ma dietetiche e senza glutine che mi soddisfano molto. Prima le facevo solo con la farina di ceci(ma non a colazione), poi ho provato con altre farine, come quella di mais, di riso e ultimamente di grano saraceno (a mio avviso la migliore)...come fare? Semplicemente preparando una pastella fluida con tre cucchiai di farina, acqua e un pizzico di sale, ungendo appena una padella antiaderente e poi versando il composto, proprio come per fare una crèpe. Una volta pronta ci aggiungo un filo di miele o sciroppo d'agave e via, buon appetito!

meditazioni notturne

Poco fa, mentre guardavo un filmetto alquanto stupido, ma di quelli che contengono qualche pillola di saggezza qua e là(non ne conosco nemmeno il titolo, ahimè), mi sono venuti in mente alcuni particolari di questa giornata appena trascorsa. Si sono presentati sotto forma di pensieri, tipo "ah, bello, è solo giovedì e sarà festa fino a domenica", ma soprattutto sotto forma di immagini. Eccomi inginocchiata sull'erba, mentre sistemo il decespugliatore con M.,  o sotto il ciliegio, mentre una folata di vento mi fa ricoprire di fiori bianchi; eccomi nell'orto a fare una ringhiera di canne, intenta ad attorcigliare fil di ferro, o a trascinarmi in casa, fin davanti ad un risotto (buonissimo!) fatto da mio marito con le bietole appena raccolte. Ed eccomi infine qui, sul divano, con M. collassato a dormire, mentre scrivo per cercare di placare la fame di scrivere, dando ogni tanto un'occhiata alla luna piena e luminosa qui fuori.
 Stanotte me ne andrò a letto con la sensazione di aver vissuto una giornata piena, ma tutte le giornate sono potenzialmente così piene, basta riuscire a coglierne il loro aspetto più vivido e presente.
Le nostre vite sono fatte di momenti più o meno piacevoli, ma è il nostro modo di vederli, la nostra capacità di essere presenti e consapevoli, centrati, che li rende vivi e, in fin dei conti, che ci rende vivi.

lunedì 22 aprile 2013

Di bruchi e sole

Aprendo il primo (e unico) vasetto di olive in salamoia fatte in casa quest'inverno, mi rendo conto che le prossime nasceranno tra qualche mese e che, finalmente, l'inverno è davvero finito. In campagna le stagioni si sentono tutte all'ennesima potenza, nel bene e nel male, e l'inverno ha per me spesso più male che bene. Al fascino della stufa accesa, i tè caldi del pomeriggio, i maglioni morbidi, il tempo forzato ma piacevole da passare in casa (e, quindi, più tempo per hobbies casalinghi) si contrappongono il ghiaccio, l'umidità, i risvegli al freddo, il tono cupo della natura, il maltempo, la pigrizia, la malinconia. Uscire dall'inverno è come tornare dalla guerra.
Io sono tendenzialmente metereopatica e l'arrivo del sole, delle belle giornate e del caldo non fa che migliorarmi l'umore. Prendermi il mio quotidiano paio d'ore di libertà all'aria aperta, in mezzo a ronzii e alberi fioriti è un toccasana per lo spirito, fa ricaricare tutte le pile interiori. Poco male se ogni tanto le belle giornate sono interrotte dagli acquazzoni e si accende qualche volta la stufa: ormai non ci si sente più carcerati.
Di nuovo si osservano piccoli miracoli: bruchi verdi e ben pasciuti tra l'erba, bietole sopravvissute alla ricrescita improvvisa della vegetazione, il luppolo che fa capolino e si arrampica intorno ai pali e un trionfo di fiori e fiori, ogni settimana nuovi: l'albicocco, le pratoline, il melo, il pruno, l'albero di amarene, i tulipani piantati mesi fa. 
Il tempo da passare in casa è finito e la macchina da cucire langue in un angolo, sulla scrivania; l'orto reclama a gran voce un intervento costante. Per fortuna, tra ore al lavoro e una zappata e l'altra non manchiamo di concederci ancora qualche momento intorno al tavolo. Io scrivo e semino, M. legge e sbuccia fave. 
Bella, la primavera.

mercoledì 3 aprile 2013

La cura

Ho sempre guardato con diffidenza la medicina tradizionale. Veleni su veleni che curano i sintomi e non le cause e per guarire un malanno fanno ammalare di un altro. Non parliamo, poi, del sistema sanitario nazionale: c'è troppo margine di errore, troppa fallibilità nell'essere umano, specialmente se ci sono di mezzo i soldi(che mancano). Prima o poi qualcuno si sbaglia e...trac! parte un'arteria, viene tolto il rene sbagliato, si lascia una garza nella pancia o, semplicemente, non si trova l'origine di una malattia per mancanza di attenzione. 
Così sono cresciuta nella convinzione che il miglior medico è il paziente, almeno per quanto riguarda l'osservazione attenta dei sintomi, gli scrupoli, la disponibilità alla ricerca. Con un perito chimico in casa, fin da bambina al primo pelo che tirava c'era la diagnosi di mio padre e la proclamazione del principio attivo che avrebbe curato tutto. In effetti i dottori gli hanno sempre dato ragione, e queste erano le mie certezze.
Una volta andata a vivere per conto mio, sono andata oltre. Ho sempre tentato di evitare cure antibiotiche se non necessarie (facendomi sgridare dal medico di base), cortisone e quant'altro, ma qualche volta i miei strumenti o l'urgenza delle malattie mi hanno fatto mettere da parte la presunzione di paramedico. Però almeno per piccole cose, per non parlare della prevenzione, mi sono rivolta alla medicina naturale, alla fitoterapia; ho provato (ma con pessimi risultati) anche l'omeopatia.
Nella mia testa c'è una lunga lista di conoscenze o pseudo-conoscenze che ho accumulato fino ad oggi con la mia esperienza di malata o osservatrice di malati. Persino mio suocero, uomo colto e curioso, mi fa vedere le analisi quando gli arrivano perchè il mio piglio saccente gli fa credere probabilmente che ne sappia veramente...e io mi beo di poter elargire al pubblico saggissimi consigli.
Argilla, acqua e sale o acqua e amuchina per le distorsioni; tarassaco, carciofo, cardo mariano, acqua e limone per il fegato; aglio per la pressione, curcuma contro il cancro, così come tutte le crucifere. I topinambur sono meglio delle patate per l'indice glicemico, l'arnica ti sistema i mali alle ossa e alle giunture, la frutta secca è piena di minerali come selenio e zinco. Lo zenzero aiuta la digestione ed è anti-nausea, i decotti di ortica fanno bene ai capelli e così il massaggio alla cute e la ginnastica facciale. Il cumino fa produrre più latte e calma i dolori mestruali, ma lo fa anche l'achillea (anche se per me farebbe effetto solo una bomba). Soia e cavoli rallentano il lavoro della tiroide, le alghe e il pesce lo accelerano. Mangiare le zuppe aumenta il senso di sazietà, il calcio si fissa con la vitamina D esponendosi al sole, tea tree e propoli ammazzano i batteri. Se hai la pancia piena d'aria mettiti sul fianco sinistro, se hai il catarro fatti un fumento, per la circolazione usa la doccia scozzese, spalmati d'olio contro le smagliature, bevi tanto per avere una pelle luminosa ed evitare le borse sotto gli occhi, se stai tanto seduto fai ginnastica coi piedi, lo zucchero è un veleno, il magnesio fa bene alle donne e alla muscolatura, i bagni derivativi e la dieta acido-base ti salvano la vita, una mela al giorno leva il medico di torno.

Bene. Se riuscissi a seguire nella pratica solo la metà di queste cose sarei già una donna in carriera. E' molto sottile il confine tra un atteggiamento equilibrato nei confronti della salute e uno ossessivo; tra questi due aspetti e il disinteresse, l'atteggiamento tipico dello struzzo. Io combatto ogni giorno per restare equilibrata, perchè mi accorgo che nel momento in cui si guarda al di là della medicina "e basta" e si prende in mano la propria salute ci si trova davanti a un calderone di proposte e teorie, vere o presunte e purtroppo molto spesso parziali. Si rischia di fare di sé stessi e dei propri cari (che stanno al gioco) delle vere e proprie cavie. Si rischia di finirci dentro, a questo calderone, e per chi ha la mania del controllo è un punto di non ritorno.
Ora, di recente ho avuto mal di fegato. Il mio chimico padre ha avuto i calcoli alla mia età e per familiarità potrei averli anch'io. Parlando con una mia cara amica (anche lei come me, o forse più lanciata nell'avventura naturopatica) mi sento dire che c'è addirittura un modo per espellerli: basta farsi delle bombe atomiche di centrifugati di carota, cetriolo e barbabietola! Cetriolo e barbabietola al mattino?? E' troppo anche per me.
Sono frastornata, ma credo che andrò dal dottore e mi accontenterò di un po' di cardo mariano...


(mo, non me ne volere ;-))

giovedì 28 marzo 2013

Di nuovo nell'angolo

Finalmente sono tornata. L'avventura su facebook non si è conclusa ma ho deciso di darle un taglio netto; ho troppe idee per sfruttare il mio tempo libero e non riesco contemporaneamente a gestire un blog e l'impegno che fb richiede . A un certo punto ho deciso di fare una scelta prioritaria, soprattutto perchè la scrittura mi mancava troppo e facebook non permette di esprimersi liberamente come un blog.
Così, eccomi qui. Sempre la stessa, ovviamente, ma con qualche mese in più, un paio di brutte esperienze alle spalle, alcune novità, un po' di serenità riconquistata e un nuovo hobby. 
L'inverno mi ha dato la possibilità di lasciare stare un po' i lavori nell'orto e mi è venuta voglia di imparare a cucirmi i vestiti da sola. Così io, che a malapena avevo cucito qualche bottone, mi sono comprata una macchina da cucire, qualche libro coi cartamodelli e sono partita. Un po' storta, a dire il vero, ma sono riuscita a fabbricare un paio di vestiti mettibili, una tenda e una borsa e ho diversi progetti in mente. Quando ho visto le stoffe che si possono trovare su internet, poi, sono impazzita e ne ho comprate un po', ma tra il pensare e il fare....
Ora comunque, freddino a parte, la primavera spinge; l'albicocco ha fatto i suoi primi fiori, l'aglio cresce, l'erba pure e così i piselli. Le piogge di questo mese mi hanno bloccato i tentativi di preparazione della terra e le semine, così appena uscirà il sole dovrò mettermi a lavorare sodo.

Guardo fuori il tempo uggioso a cui ormai sono quasi assuefatta e tiro un sospiro di sollievo. Sono finalmente di nuovo qua, nel mio spazio, esposta ma poco raggiungibile. Il gatto dorme sul frigo, il pane cuoce in forno e penso a massimi e minimi sistemi, dai cambiamenti che mi aspettano nei prossimi mesi a cosa fare stasera da mangiare. Ultimamente vado molto di indiano. 
Vediamo....dahl di lenticchie e spinaci col latte di cocco? :-)