sabato 29 agosto 2009

Incontri sotto la lanterna


Ieri sera ho incontrato, a un concerto di M. nella mia città natale, Genova (quella in cui lavoro ancora) una mia ex alunna, S., che oggi ha 14 anni, esattamente venti meno di me.
E' stato davvero emozionante rivederla. Credo lo sia stato per entrambe.
Per quanto nel mestiere di insegnante ci si imbatta in parecchie situazioni problematiche, qualche volta capita che si creino rapporti speciali, affinità elettive e affettive capaci di durare a lungo nel tempo e nella memoria. Questi rapporti sono, da soli, capaci di colmare e superare qualsiasi altra condizione difficile e frustrante, racchiudono in sè il senso di fare questo mestiere, lo riempiono di significato e, in quanto veri, intensi ed autentici rapporti umani, superano il mestiere stesso, sono un valore aggiunto.

Rutelli dixit


"Il partito democratico è democratico"

(dal tg3 Liguria)

venerdì 28 agosto 2009

Verso levante


Finalmente lo dico. E penso sia solo il primo di una serie di post a tema.

Me ne vado. Per essere precisi, ce ne andiamo.
In autunno, dopo tre anni e mezzo di permanenza a Savona, io e M. ci sposteremo verso levante. Non di molto, ma quel tanto da non considerarci più savonesi.
Io, in realtà, non lo sono mai stata, nonostante la residenza. Ho sempre sbandierato il mio essere genovese e devo dire che Savona non l'ho mai amata veramente. E' stata una scelta obbligata dalla situazione contingente, un compromesso. Ho continuato a lavorare a Genova (e così sarà ancora, anche se non tornerò a viverci), ho sempre la mia famiglia, le mie amiche là. Mi ci sono sentita un pesce fuor d'acqua. Troppo stretta per essere una città e troppo grande per essere un paese.
Tuttavia non è una fuga, questa, ma una scelta di vita, un sogno che si avvera. Andiamo a vivere in campagna.

In fondo non è poi così male, Savona. Mi ci è voluto moltissimo per ambientarmi, ma devo dire che quando sarò andata via alcune piccole cose, vecchie abitudini e recenti scoperte un po' mi mancheranno.
Il cinema e la gelateria sotto casa, ad esempio. I nostri amici pizzaioli, preziosi nelle sere in cui entrambi si tornava tardi dal lavoro. Il mare a dieci metri dalla finestra.
Il suono della sirena del ponte, ogni volta che si alza per far passare le barche. Credo che lo sentirò ancora per parecchio nella mia testa.
La latteria che fa solo frappé. La libreria qui sotto. Il negozio delle spezie. Il bar della piazza nel centro storico.
Da novembre, o anche prima, non ci saranno negozi sotto casa e il suono della sirena del ponte e dei gabbiani sarà sostituito dallo scorrere del fiume, dal suono del vento tra le foglie e dalla campana del paese.
Ci vuole molto, in una città nuova, perchè si attui quella condizione in cui camminando per la strada ci si sente a casa, si incontrano persone che ti conoscono e ti salutano, ci si danno appuntamenti, ci si ferma a parlare.

Ora si dovrà ricominciare da capo, e per un'abitudinaria come me non sarà facile, ma è pur sempre un'avventura. In cui saremo, un'altra volta, in due.

sabato 15 agosto 2009

Questione d'inconscio


Sta capitando anche a me.
Non ho mai avuto sviste particolarmente folli, se non mettere il telecomando in frigorifero. Sono cose che succedono quando compi un'azione senza pensare a quello che stai facendo, oppure mentre sei concentrato su qualcos'altro, che poi è lo stesso.
Ultimamente la mia psiche sta divagando parecchio, però: per due giorni di fila ho lasciato le chiavi di casa nella toppa della porta d'entrata; la seconda volta ci sono rimaste per più di mezza giornata, fino a notte inoltrata, quando M. è tornato da un concerto. Ogni volta, comunque, se n'è sempre accorto lui: per me avrebbero potuto rimanerci per giorni e giorni, escludendo la necessità di uscire di casa.

Negli atti mancati, nelle dimenticanze c'è sicuramente un significato, spesso se sono ricorrenti: non ne so molto, ma per vedere la cosa alla freudiana direi che ci sta di mezzo il desiderio.
Sì, però desiderio di cosa? Di essere derubata? Di dover far rifare una serratura? Di trovarmi con uno sconosciuto in casa e morire d'infarto?


M., poi, è un esperto in queste cose, tanto da rasentare il paradossale. In cinque, sei anni di carriera intensa da musicista ha perso su palchi, alberghi e camerini una quantità industriale di oggetti, e per la maggior parte o erano i suoi prefereiti, o avevano un valore affettivo o quantomeno economico. Giubbotti, pantaloni, flaconi di shampoo, dentifrici, cinture, un navigatore, forse un microfono e chi più ne ha più ne metta. Lo stress della tournée gioca un ruolo consistente, ma la cosa inizia a pesare, specialmente quando le cose che perde non sono di sua proprietà.
Cosa dovrei pensare, in questo caso? che vuole restare? Che vuol essere punito? Che sta cercando di disfarsi degli oggetti che rappresentano l'azione di viaggiare e che non ne vuole più sapere di questa vita?
Domande inutili, per l'appunto.
L'inconscio è un mistero, e se agisce spudoratamente nella veglia è un mistero ancora più difficile da chiarire.


Nei miei sogni notturni, ultimamente, ho un comportamento poco "da inconscio" e molto da super io. Stanotte ho sognato che un uomo piuttosto appetibile mi proponeva un incontro erotico, e io gli rispondevo che sono innamorata e non ci pensavo neanche, così l'ho respinto.
Che la mia psiche abbia confuso il sonno con la veglia?

Meglio dormirci su.

venerdì 14 agosto 2009

Lacrime e fiumi egizi


Quando si nasce si piange. Si sa già piangere, insomma, mentre per imparare a ridere ci vuole del tempo. Lungi da me il pensiero di fare della filosofia amara; in fondo è una chiara espressione dell'evoluzione, necessaria alla sopravvivenza: è molto più importante, urgente saper comunicare disagio e bisogni piuttosto che gradimento e piacere.
Nessun rancore nei confronti dell'esistenza, dunque, almeno per il momento.

Per me piangere è stata una riconquista, in età adulta. Penso di essere stata una neonata come le altre ma, non so perchè, già da bambina ho cominciato a disimparare a farlo. Non ricordo di aver mai pianto - pubblicamente, intendo - all'asilo e nemmeno alle elementari; non piangevo al cinema anche se alla fine dei film smielati le mie amiche erano una maschera di umidità paonazza; non sono riuscita a piangere nemmeno alla morte dei miei nonni. Non si sa per quale motivo, la lacrima pubblica mi impauriva tremendamente, avevo il blocco.
Eppure a casa piangevo, come tutti: davanti ai film, per le sgridate dei genitori, per delusioni amorose. Ma lo facevo in privato. Al massimo potevo piangere davanti ai miei se la causa erano loro, ma la mia espressione di intimità finiva qui.

Poi c'è stato lo sblocco. Quando il fidanzato storico mi ha lasciato mi sono lasciata andare in mezzo alla strada, con la mia migliore amica, e al funerale della mia bisnonna un'espressione di commozione sulla faccia di mio cugino, normalmente duro e algido, mi ha fatto esplodere. Peccato che il funerale fosse già finito da un pezzo; ce ne stavamo sulle scale della chiesa a scambiare battute simpatiche con parenti che non vedevamo da anni e io ho fatto la mia performance fuori luogo. Forse è stata la realizzazione del fatto che il dolore è normale, che capita, e che è normale esprimerlo a farmi uscir fuori dalla bolla di inespressività, non so; indagare sul perchè avessi difficoltà a farlo mi farebbe addentrare nei vortici della psicanalisi, ma non è questo che mi preme, ora.

Insomma, adesso so piangere. So ridere e so piangere, ed entrambe le cose le so fare sia da sola che in compagnia. Ma non è finita, la scoperta.
In età adulta (quella in cui credo di essere, almeno) ho scoperto nuove forme di pianto e di riso. Ridere per sdrammatizzare, per sorprendere, tranquillizzare è una delle cose che mi riescono meglio a scuola, coi bambini.

Ma la vera novità ha riguardato il pianto. Ho imparato a piangere per esprimere stanchezza, a piangere dal gran ridere, a piangere di commozione e a piangere per empatia. Piangere di felicità, poi, è stata la conquista migliore dei miei trent'anni.
Ho imparato, così, che la lacrima non scende solo per esprimere a livello istintivo bisogni e disagi fisici: forse è così all'inizio.
Poi, crescendo, diventa un mezzo per uscire da noi stessi, quando quello che sentiamo è troppo grande per essere contenuto.

In questi casi, il pianto è una benedizione: il Nilo che straripa per dar vita al limo.

mercoledì 12 agosto 2009

incontri ravvicinati con Fabio Fazio


L'altro giorno, mentre guidavo la macchina a Savona, ho visto Fabio Fazio davanti alla posta.
Stava attraversando la strada per andare verso il suo motorino, parcheggiato lì di fronte.
Tutti lo guardavano, si giravano da macchine e moto, i passanti si fermavano; per un attimo ho incrociato il suo sguardo e l'impressione che ho avuto è stata "toh, questo lo conosco". Un senso di appartenenza e familiarità, insomma.
Poi ho realizzato che lui non aveva alcuna familiarità con me e ho distolto lo sguardo. Per non dargli fastidio, farlo sentire invaso, violato.
Non dev'essere facile la vita di un personaggio che appare in televisione spesso. Ogni giorno la sua faccia, i suoi gesti, il suo modo di parlare entrano nelle case di tanta gente: belli e brutti, santi o criminali, intelligenti o deficienti. E lui continua ad esistere al di là di tutti, continua a sentirsi una persona normale che fa un lavoro un po' particolare, ma chi non fa lavori particolari? Torna a casa la sera, bacia sua moglie, fa la spesa, va al gabinetto, come tutti.
La differenza è che gli altri hanno carpito solo una parte del suo essere e alcuni di loro pensano di poter avere un qualche diritto su di lui, se non altro di conoscenza. Da persona normale diventa personaggio, in virtù della sua presenza nell'apparecchio domestico.
Certo, più un personaggio televisivo è autentico nel suo lavoro e più ci si può avvicinare all'idea di un qualche rapporto col pubblico, c'è meno discrepanza. Ma non credo sia così facile guardare un personaggio come persona, a tutto tondo.

Io e la mia maledetta empatia. Ho sentito l'impulso di difenderlo dalle aggressioni visive della gente, perchè ho letto un pizzico di imbarazzo nel suo sguardo.
Ma forse stavo già accampando i miei presunti diritti di telespettatrice.

martedì 28 luglio 2009

Ancora Atei

Martedì mattina. Almeno credo, perchè in vacanza non so mai che giorno è.
Discussione a colazione tra me e M.
Oggetto: gli autobus atei.
Arriviamo a questa diatriba moderata in seguito alla lettura da parte mia di una pagina dell'ultimo numero di Internazionale in cui l'associazione atei e agnostici razionalisti rivendica nuovamente il loro diritto, negato, di far circolare sugli autobus di Genova la scritta "La cattiva notizia è che Dio non esiste; quella buona è che non ne hai bisogno". La suddetta Associazione, nell'articolo-pubblicità, sostiene che la Chiesa fa troppe ingerenze nella vita cvile e politica degli italiani e rivendica un diritto che le è stato prima concesso e poi negato.

Seduta sul divano arancione, sottopongo a M. la questione, sostenendo per la maggior parte le argomentazioni di questi qui.
Inaspettatamente, la sua sentenza è "non vedo che bisogno c'era di fare una pubblicità del genere e di offendere la sensibilità della gente". Lui, benchè sia ateo(io sono più agnostica ed ho probabilmente un maggiore senso mistico di lui) e non abbia problemi con l'omosessualità o le diversità, non capisce gli eccessi, le uscite esagerate, le rivendicazioni, le manifestazioni come il gay pride. Forse è perchè appartiene a una categoria privilegiata: è uomo, è eterosessuale, ha un lavoro, non abita nel terzo mondo e non pratica strani stili di vita socialmente deprecabili; non ha mai dovuto lottare per far accettare ad altri com'è fatto o come la pensa.
Mi infervoro, argomento, mi inalbero, ma non ottengo soddisfazione: è già tardi e lui esce per andare a lavorare. Devo avergli rovinato la pausa caffé. Io non li capisco, questi bevitori di caffé.

La questione, di cui tra l'altro avevo già precedentemente parlato nel blog, a mio avviso, è questa: anche io, in linea di massima, posso pensare che non c'è motivo di pubblicizzare un modo di pensare. Ma non è questo il punto. La questione in ballo non è se si condivida o meno l'idea degli atei o la loro intenzione di farsi pubblicità. Quella di spostare l'attenzione sulla bontà delle intenzioni è una pratica molto contemporanea. Assisto a cose del genere ogni giorno, con i bambini.
Il discorso, molto più importante, è quello della libertà di espressione. Se ogni cittadino o società ha diritto, soldi permettendo, di comprare uno spazio pubblicitario, anche questi ne hanno diritto. Non importa cosa o perchè pubblicizzino, se non urtano la pubblica sensibilità o offendono i costumi. E non è andata esattamente così. Alzi la mano chi si sente offeso dagli atei che dicono che Dio non esiste. Ecco che scatta l'ingerenza dela Chiesa.

Io, sinceramente, mi sento più offesa da certe immagini che mostrano la donna in modo degradante, da quelle che mostrano i successi del pdl., che cercano di vendere rumorosi, inquinanti e brutti autoveicoli.
Quella degli atei, per quanto la possa trovare un po' inutile, non mi offende, mi fa più che altro sorridere.

Ultime notizie

Buongiorno e benvenuti all'edizione straordinaria del nostro giornale.
Pare che Michael Jackson, quando è stato prelevato dall'ambulanza dopo aver avuto l'infarto che l'ha ucciso, non avesse il naso.
Gli innumerevoli interventi di chirurgia "estetica" gli avrebbero distrutto l'osso e la cartilagine.
Anzi, in un armadietto pare che tenesse varie protesi da mettersi per uscire.

Grazie e arrivederci.
Consigli per gli acquisti.

mercoledì 15 luglio 2009

Il trucco

Ho qualche problema con la femminilità, credo.
Insomma, a 34 anni (ancora per pochi mesi) non mi trucco, non uso le scarpe coi tacchi, non amo nemmeno le decolleté.
No, non sono il tipico maschiaccio che porta scarpe da ginnastica e felpe e i capelli sempre corti o legati in una coda di cavallo. Non mi pare di essere nemmeno particolarmente sciatta, se escludiamo il risveglio e qualche momento di lassismo domestico.
Non sono neanche una rigida, algida signora
con tailleurs e crocchia, magari con scarpe severamente ortopediche. No.
Il fatto è che fin da bambina detestavo gli stereotipi legati all'età. In risposta a mia madre che mi diceva di dar via un po' di giochi ho deciso, un giorno, che avrei giocato con le bambole fino a novant'anni. Dove stava scritto che solo i bambini possono giocare? Perchè, una volta adulti, ci si doveva privare di questo piacere?
Allo stesso modo, credo, mi sono detta per anni che non era scritto da nessuna parte che una ragazza, una volta diventata donna, dovesse iniziare a portare tacchi, trucco e collant. Non mi piacevano nemmeno da bambina. Non sono mai passata attraverso la fase del rosa, quella vezzosa, da cui passano ormai quasi tutte le bambine, soprattutto grazie ai modelli odierni. E, diventata donna - almeno, ora credo di esserlo - ho continuato a seguire i miei gusti.
Ho attraversato varie fasi, come tutti; ho cambiato gusti, ma non ho mai trovato che tacchi e rossetto mi avrebbero aiutato ad esprimere la mia interiorità e nemmeno la mia presunta femminilità.
Mi piacciono le collane: quelle lunghe, corte, colorate, a pallini, etniche, di legno. Mi piacciono le calze a righe, colorate, le scarpe rotonde, le sciarpe, i cappotti, i sandali, gli elastici, le mollette; i maglioni a collo alto, le spille di lana e feltro, i berretti. Uso pressochè tutte le borse a tracolla e detesto la sensazione che danno le collant.
Non sembro un pagliaccio, solo me stessa, e non sono così integralista da non usare profumi: mi piacciono gli agrumi, la mandorla, la rosa, i fiori d'arancio.

Non ho smesso di giocare, anche se i miei giochi sono un po' diversi da quelli di una volta: allora non sapevo che anche gli adulti si divertono, a modo loro. O
gni tanto, però, ritaglio vestiti per bambole di carta con cui forse non giocherò mai. Faccio un lavoro, d'altronde, che mi permette di giocare spesso, e con gli esperti del mestiere.


L'altra mattina, al mare, la mia migliore amica mi ha chiesto: perchè non ti compri un bel lucidalabbra, ora che sei abbronzata, e magari un rimmel verde come gli occhi? Il rimmel ce l'ho - anche se non lo metto quasi mai - , ma l'idea di un lucidalabbra, magari chiaro e luccicoso, non mi è dispiaciuta e ha cominciato a farsi strada nella mia testa.
Così l'ho preso.
Ho solo bisogno dei miei tempi e dei miei modi, tutto qui.
Il lucidalabbra me lo metto, adesso.

Quando mi ricordo, s'intende.

Trite e ritrite

Non avevo intenzione di parlarne, ma tant'è lo faccio.
Non mi ha colpito più di tanto la morte di Michael Jackson, non ero una sua fan e non avevo commenti particolari da fare quando l'ho saputo.
Solo che ieri, mentre mangiavo la pizza a mezzanotte e mezza dopo essere stata a sentire un concerto di M. (che non sta per Michael, anche se il nome ci si avvicina parecchio) con l'immancabile tv accesa, sono incappata in Italia uno. Ebbene sì. Davano una specie di documentario sul cantante, realizzato credo pochi anni fa. L'ho guardato tra uno sbadiglio e un pezzo di mozzarella e piano piano la cosa mi ha catturato:
quell'uomo era completamente folle, mitomane, psicologicamente instabile.
Con tutta la compassione che posso provare nei confronti di uno che è stato malmenato da piccolo, umiliato o quant'altro, non posso però comprendere come possa diventare un mito qualcuno che nega di essersi fatto interventi al viso davanti all'evidente realtà, tiene sospeso il figlio fuori dalla finestra e lo porta via alla madre appena lo ha partorito perchè "se lo voleva portare a casa" e in più lo fa assalire dai fans mentre va in brodo di giuggiole sentendoli inneggiare "michael, michael". E' chiaro che siamo di fronte a un caso umano degno sì di compassione ma non certo divinizzabile.

Lo so, lo so, non c'è da stupirsi e così va il mondo e blablabla.
Sarebbe il caso di stupirsi ogni tanto, però. E' grazie all'apatia se le cose funzionano male.
Sarebbe il caso, sempre ogni tanto, di considerare gli esseri umani come un tutt'uno che comprende quello che dicono e quello che fanno, che è nient'altro che quello che sono.
Ma ormai
non sto più pensando a Michael Jackson; sono andata - anche se solo spiritualmente- fuori tema, come al solito.

lunedì 13 luglio 2009

A volte ritorna (o no?)


E va bene, sono di nuovo stata assente per un po'.
Tanto, veramente, quasi due mesi. Mi capita quando sono assorbita dalla vita reale, quando voglio prendere un po' le distanze dal pc o quando non ho niente da dire. Oppure ho così tanto che non saprei da che parte cominciare.
Questa volta per un po' ha dominato il primo motivo, poi il secondo e, a tratti, il terzo. Ma devo ammettere che in genere non è che non ho avuto niente da dire, è che me lo volevo tenere per me.
Per un secondo mi ha sfiorato l'idea di mollare il blog; è come mi succede con la macchina: sono un disastro a curarmene, non mi piace dedicarmici, portarla a lavare (nonostante abiti a 10 metri dal mare, quindi la poltiglia di salsedine+cacca di gabbiano è corrosiva)
o a gonfiare le gomme e così tendo a lasciarla alla deriva, perchè ogni giorno l'incombenza si fa sempre più impegnativa. Fortunatamente il blog non è la macchina e, soprattutto, mi riserva più piaceri che incombenze.

Vediamo...da dove riprendere? Dalla fine della scuola e l'addio ai miei alunni dopo cinque lunghi anni o dalla casa dei sogni che io e M. abbiamo trovato(e forse non compreremo)? Dall'opera colossale di tinteggiatura alle pareti della mia vecchia aula? Dalle corse tra banche e agenzie immobiliari (Dio, se c'è, ce ne liberi per sempre) o dal mio solito schifo nei confronti dell'italia populista-schiava della tv? Non so, credo che possa bastare anche così.
Almeno è un aggancio per un prossimo post.

Una lavata al tergicristalli, diciamo.

lunedì 25 maggio 2009

A.A.A. Vendesi anima al diavolo

L' Italia è paese di sbruffoni e tuttofare. Conduttori, soubrette, papi (quelli vestiti di bianco, per precisare) e veline scrivono libri; signori e signore Nessuno diventano attori grazie al Grande Fratello, le veline e le cantanti si candidano. Altro che America. Questo è un paese in cui c'è posto per tutti, basta avere un po' di notorietà televisiva. Grazie a questa caratteristica nostrana, se un tronista della De Filippi dovesse scoprire di avere velleità artistiche o frammenti di idee politiche avrebbe la strada spianata e si aggiungerebbe al numero di rappresentanti italioti del cazzo.

L'altro ieri sera ero a Varazze a prendere il gelato dal papà di un'amica, che fa il pasticcere, e ho sentito che c'era la Zanicchi in giro.
La signora Zanicchi, dopo essere passata per foto osé, essersi rifatta il naso e poi qualche altro dettaglio fisico, condotto Ok il prezzo è giusto, che guardava mio nonno scuotendo la testa di continuo, ora sta con forza Italia. Non si sa mai dove ti porta la vita, specialmente se sei passato per il piccolo schermo.
Candidatasi per le Europee, ha pensato bene, la signora, di cantar l'amore anziano a Sanremo prendendo visibilità. Ora la si vede spesso in tv a parlare del suo amico Berlusconi e in giro a far proseliti.
Ma la sua sorte, per dirla alla Paolo Fox, era già scritta nelle stelle. Si sapeva che avrebbe venduto l'anima al diavolo, prima o poi. Basta leggere il testo della canzone che ha cantato nel '72:


A te
Che resterai vicino a me
Anche quando
Io ti dirò di andare via
A te
Che porterai la musica
In angoli
Che il sole non ha visto mai
A te
Che non conosco
Io offrirò
Un'anima
La mia anima
Se lo vorrai
A te
Che mi terrai compagnia
Per vincere
Il terrore della solitudine
A te
Che mi terrai compagnia
Vivendo insieme a me
Ogni tristezza mia
A te a te a te
Io offrirò
Un'anima
La mia anima
E tutto quel che ho


(indovinello: come a fatto il signor B. a "portar la musica in angoli che il sole non ha visto mai?" La risposta nei commenti)

mercoledì 20 maggio 2009

Miracoli

Da piccola sono andata a scuola dalle suore. Problemi di lavoro dei miei, mica per altro.
Dopo questa bella infarcitura religiosa sono uscita non certo fervente cattolica (le suore fanno difficilmente questo effetto), ma piuttosto inebetita, con un senso mistico un po' troppo spiccato. Per esempio, a tredici anni mi sono convinta di saper fare i miracoli. Colpa di anni passati a "Marcellino pane e vino".
Ormai è passata tanta acqua sotto i ponti, ma a modo mio nei miracoli ci credo ancora. Non intesi come interventi divini o soprannaturali, ma piuttosto come avvenimenti improbabili che, per caso o per costanza di applicazione, si realizzano inaspettatamente e a dispetto delle premesse.
Ecco.
Chi ha seguito per tutti questi mesi il caso Mills (che è stato accuratamente ignorato dai media, magari riempiendo gli spazi dei telegiornali con notizie sul calciatore di turno) starà pensando: ecco, finalmente ci siamo. Forse adesso è troppo grossa e se ne accorgeranno tutti di quello che sta succedendo. Scoppia la bugna e Berlusconi, come un bambino scovato in dispensa col dito nella marmellata, non riuscirà a distogliere l'attenzione con accuse fatte ad altri, con notizie di altro genere come succede di solito. Questa volta non basteranno questi mezzucci, perchè saranno un autentico arrampicarsi sugli specchi.
Adesso, si potrà pensare, tra lo scandalo delle veline e di Naomi e, ora, la bugna Mills e Lodo Alfano, il premier sta cascando a pezzetti come un castello di carte. In più le continua a dire grosse: si sta avventurando in un terreno minato con la faccenda degli stranieri da rispedire in patria, almeno dal punto di vista internazionale. Prodi è cascato con molto meno, si dirà.

Io dico che, nonostante l'evidenza, ci vuole un miracolo grosso. Perchè quello più abituato a fare miracoli, qui, è sempre stato lui, e sarà dura che non ne faccia un altro, san silvio.
Appelliamoci al santo più importante e concentriamoci tanto, forte, con intensità.
Ma facciamolo proprio bene, perchè rischiamo che la prossima notizia che sentiremo al telegiornale sia che Silvio Berlusconi è stato candidato al nobel per la pace. c'è già qualcuno che si sta dando da fare e - ahimè - ci crede, eccome se ci crede.
Guardare per credere.

silvioperilnobel.sitonline.it/

sabato 16 maggio 2009

Incontri ravvicinati con Narciso

L'altro ieri è arrivato il fatidico giorno che molti insegnanti temono: la gita di classe.
Classe quinta, meta Milano, museo della scienza e della tecnologia.
A parte i turisti, i milanesi(pochi) e i piccioni in piazza del Duomo con cui abbiamo avuto a che fare, i nostri incontri non sono stati molti; uno, però, mi ha colpito: la guida che ha portato i miei alunni a visitare una parte del museo.

Trent'anni, testa pressochè rasata (meglio pelato che stempiato, dicono), faccia spigolosa e giubbotto nero di pelle. Anzi, direi totalmente di nero vestito. Una specie di Fonzie dei giorni nostri alla milanese.

Si è presentato con un piglio da fighetto e ha coinvolto discretamente i bambini, che alla fine l'hanno trovato simpaticissimo. Peccato che fosse un totale, egocentrico narciso. In ogni frase, stesse parlando di Bell o Meucci o della telecomunicazione, infilava un'informazione su di sé, sostenuta con un evidente (solo a me e alla mia collega) autocompiacimento.
Per completare l'opera, avevamo prenotato un'attività di due ore e lui si è sbagliato e ci ha riportato giù all'entrata dopo un'ora, per poi accorgersene e farci risalire per tornare alle vetrine dove eravamo stati prima.

Arrivati a scuola la mattina dopo, ho chiesto ai miei alunni se avevano qualche considerazione da esprimere sulla gita e, tra i vari commenti, è uscito un "la guida era troppo simpatica".
Non aspettavo altro.
L'ho smontato in pezzi, chiedendo ai bambini di dirmi tutto quello che si ricordavano delle parole del ragazzo.
Risultato:

- ha trent'anni
- ha un blog

- fa lo scrittore (perchè scrive sul blog...)

- è geologo
- ha fatto la pubblicità per i frigoriferi americani che fanno il ghiaccio e hanno un computer

- ha un amico che sa programmare 4 computer contemporaneamente, sa usare il mouse con il piede ed è chiamato semidio

- odia berlusconi

- sa quattro lingue, tra cui il giapponese

- aveva una fidanzata che non sapeva usare i congiuntivi

- usa poco il cellulare (e ci vuol poco, visto che comunica già abbastanza lavorando)

- fa un altro lavoro che non ricordo.

Delle spiegazioni che ha fatto non è uscito molto, anche perchè le informazioni personali superavano il 50% del totale.
Dopo averlo ridotto in pezzi senza esprimere giudizi ma facendo semplicemente notare l'evidenza, l'ho "riassemblato". Se non altro è stato coinvolgente e ha sapientemente evitato che qualcuno, che appena entra in un museo inizia a vagare annoiato, partisse per la tangente.


Morale della favola, non è tutto oro quello che luccica. Anche se, agli occhi miei e della mia collega, l'unica cosa luccicante, lì, era la sua testa pelata.

domenica 10 maggio 2009

Intorno a un tavolo


Domenica sera, finalmente un po' di tempo e ispirazione per scrivere.
Il pretesto è la preparazione di una teglia di verdure al forno: c'è da pulirle, tagliarle, condirle e buttarle maldestramente tutte insieme nella pentola. Non c'è occasione migliore per stare insieme al nostro tavolo, io e M., uno di fronte all'altra, come al solito.

Il nostro tavolo l'abbiamo comprato poco più di tre anni fa
in un robivecchi. Era sfasciato, grigio da quant'era sporco e aveva una gamba spezzata. Ce ne siamo innamorati (si fa per dire)e l'abbiamo fatto risistemare. Da allora ha conosciuto parecchie cene, pause tè e caffè, qualche pranzo in due, ha assistito a liti e riappacificazioni, ha sentito i nostri discorsi sulle faccende della giornata appena finita e i nostri brontolii sulle notizie del telegiornale. Non è ancora del tutto stabile, ma spero che resiterà alle intemperie della nostra storia.

Il nostro tavolo, però, è solo l'ultimo di una lunga serie. Ne ricordo di cristallo, di legno scuro o laccato, rotondi o rettangolari. Ricordo il tavolo su cui mio nonno impastava e preparava da mangiare: io lo guardavo per ore, e grazie a quell'attento e ipnotizzato osservare sono riuscita a ripetere i suoi gesti uno ad uno, una volta che mi sono messa a cucinare per conto mio. Aveva un tavolo di fòrmica su cui tamburellava con le sue dita lunghe e affusolate. Dita da artista mancato.

Intorno al tavolo della casa in campagna in cui andavo da bambina stavo spesso seduta con una seggiolina di vimini, aspettando che mia nonna mi allungasse gli acini d'uva accuratamente aperti in due e senza semi. Ancora oggi, a 34 anni suonati, conosco solo questo modo per mangiare l'uva. E' forse uno dei pochi gesti gentili che ricordo di lei.
Sul tavolo della cucina della casa in campagna mio nonno c'è morto. Stavamo mangiando e ci si è accasciato mentre ridevamo.

Per anni, dopo cena, mi sono rifugiata sotto il tavolo di casa dei miei, quello laccato di bianco che hanno ancora oggi, a farmi passare pezzetti di mela e formaggio da mio padre. Era il gioco del topo: cibo in cambio di morsetti alle ginocchia.
Il tavolo bianco ne ha viste tante, come ogni tavolo di famiglia che si rispetti. Ci ho corso intorno giocando, ci ho girato camminando per ripetere le lezioni o sperando che mi passasse il mal di pancia, ci ho sentito i miei litigare, ci ho trovato mio padre addormentato, ci ho fatto lunghe chiacchierate serali.
Su di esso ho persino conosciuto, a quattro mesi, la mia migliore amica, che accompagna tutt'oggi i percorsi della mia vita con linee differenti ma parallele.

Siamo noi a dare un significato sentimentale agli oggetti, lo so: di per sè non ne hanno nè recepiscono azioni o sentimenti. Ma non so cosa darei per ritrovarmi insieme alle persone care intorno ad ognuno dei tavoli della mia vita, rievocando tutto quello che hanno visto e passato, sgranando piselli e pulendo verdure, intenti a preparare il minestrone.

lunedì 4 maggio 2009

Conati


Cari italiani,
rieccoci all'ennesima puntata della nostra recente, triste storia: un matrimonio allo sfascio che si fa vicenda politica, il pubblico che si mescola col privato, il gossip alla cronaca. Quelli che fanno parte della famigerata "sinistra", sempre che ancora esista, rischiano di diventare capro espiatorio della rabbia umiliata del capo del governo, ma niente è più importante, oggi, dell'ultima baruffa tra silvio e veronica.
Con tutte queste faccende è comprensibile il mancato amore per la patria; persino chi ha amato l'Italia con ardore ormai nutre un amareggiato disamore nei suoi confronti.

Certe volte l'Italia mi ricorda gli Stati Uniti prima dell'undici settembre. Circondati da una stampa obiettiva che ci fa guardare allo specchio su giornali e riviste (pur in commercio e non censurati), siamo ciechi di fronte alla verità nuda e cruda, inetti
nell'azione e persino nelle parole. Speriamo di non dover arrivare a un nuovo episodio catastrofico per aprire gli occhi.
Ma - mi viene da dire - chi ci filerebbe? - E' più facile che i nostri vicini di casa restino lì a guardarci mentre ci ripieghiamo in una miserrima autodistruzione.


Intanto, sfogliamo con greve malinconia, se lo abbiamo ancora, il libretto che ci è arrivato nella cassetta della posta più di qualche anno fa e che ritrae la famiglia Berlusconi nel suo miracolo italiano. Lo venderanno su ebay a caro prezzo, e tra poco sparirà del tutto dalla circolazione.
Nel caso mancassero nuove fonti di notizie per le nuove generazioni, consiglio di comprare Novella 2000 per sapere chi saranno le nuove veline, l'oroscopo della settimana, che tempo farà domani, quale sarà la nuova fiamma di Berlusconi o dell'ex moglie, chi vincerà Amici nella nuova edizione.
Spegniamo la tv o la radio, per carità, se sentissimo qualche notizia seria.

Essere italiana tra italiani per ora mi dà la nausea.

domenica 3 maggio 2009

Uccelli


Mi capita spesso di vedere animali morti lungo l'autostrada. Di solito sono piccioni, gatti, gabbiani. Un paio di mesi fa ho visto qualcosa che somigliava ad un canguro ma che, più verosimilmente, doveva essere un capriolo.
Non mi era ancora capitato, però, di essere coinvolta nell'assassinio di un animale per la strada.
Oggi, in viaggio sulla A10 per andare a trovare degli amici, con M. alla guida, un piccione è andato a sbattere contro il parabrezza della macchina che ci precedeva. Poi è rimbalzato e, stordito, si è schiantato contro il nostro. Io, in preda a un mal di pancia più che latente, non ho visto quasi niente, se non un ammasso di piume contro il vetro, ma M. ha urlato come un pazzo rischiando di andare a sbattere.
Insomma, dopo il brevissimo spavento, ho pensato che quello fosse più che altro un piccione suicida e mi è venuta voglia di vedere "Uccelli" di Hitchcock.

lunedì 27 aprile 2009

Silenzio stampa

Ho il pc guasto. Non so neanche se riuscirò a caricare questo post; oggi lo porto finalmente ad aggiustare. Ho un sacco di cose da scrivere, ma poco tempo: potrebbe piantarsi per l'ennesima volta.
Nel frattempo, spero che Berlusconi non ne faccia troppe. oltre che dispiacermi per il fatto che il risultato ricadrà su tutti noi, non tollererei di non poter dar voce ai miei pensieri sul blog.
Arrivederci, dunque. Spero il prima possibile.

mercoledì 15 aprile 2009

Chi vuol esser Symbelminario


Sono stata citata come quarto posto nel premio Symbelmine da Tic nel suo bel blog http://tic-talkischeap.blogspot.com/; lo sono immeritatamente; in mezzo a quel bel gruppo di politicanti colti ironici sarcastici intellettuali caustici non sono che una principiante ignorante, ma non sembra che ci facciano molto caso.
Ho anche scoperto, poi, (dopo aver scoperto che esiste il suddetto premio, una sorta di catena di sant'antonio onorevole) di dover segnalare, per dovere morale e cortesia, altri sette blog.
Ci ho messo tanto e un motivo c'è: non sono una gran frequentatrice di blog né di internet; mi limito, quando ho tempo e il pc non è monopolizzato da M., a scrivere qualcosa di mio, a programmare lezioni e verifiche e a fare ricerche.
Così, dopo molto cercare senza realizzare, ho deciso di ammettere la pura verità: non ho sette blog da segnalare e buttarne a casaccio tanto per far numero non mi pareva carino. In più la maggior parte dei blog che seguo con interesse sono stati segnalati già dal suddetto Tic, o sono (è) quello di Tic stesso.
Come fare?
Segnalerò quello che posso e prometto che, il giorno in cui mi imbatterò in altri blog secondo me degni di menzione li segnalerò man mano. Una specie di Symbelmine diluito, insomma.
Il primo blog che mi viene in mente è quello di D., la mia migliore amica:
http://nonmancapiunessuno.blog.kataweb.it/. Racconta con asciutta ironia e sentimento una fetta della sua vita importante ed è assolutamente da leggere dall'inizio, anche perchè altrimenti non si capisce chi siano quegli strani personaggi (inutile dire che ci sono anch'io)che lo popolano. In realtà è congelato e concluso già da due anni, ma questo gli dà una compiutezza composta. Suo marito, di recente, gliel' ha fatto stampare sotto forma di libro e gliel'ha regalato per l'anniversario. Spero sempre che ne apra un altro, prima o dopo.
Segnalo, poi, il blog di un pazzoide molto poco politically correct che mi ha segnalato tempo fa il mio amico S. (quello che nella foto della Provenza fa la faccia da cavallo), http://comablog.splinder.com/
Ultimamente mi sto dando anche ai blog che danno meno stimoli al puro intelletto e più ai sensi, soprattutto vista e gusto (almeno per induzione): mi piacciono il blog di Stella http://stelladisale.blogspot.com/, costantemente in contatto con la natura e le piccole cose che riempiono l'esistenza, e quello di Amatamari,
http://amatamari.blogspot.com/in cui una foto è occasione per lasciare spazio all'immaginazione e alle sensazioni più spontanee.
Vorrei citare anche il blog di Annarita, http://lamaestravisaluta2.blogspot.com/, un'instancabile indefessa che inserisce quasi ogni giorno materiali didattici utili a chi insegna alle elementari. Non sono una maestra fanatica, ma capita che qualche volta le mie risorse creativo-didattiche siano alla frutta, e lì trovo quasi sempre qualcosa da prendere almeno come spunto.

Per ora mi fermo. Girando per la rete ci sono cose incredibili, ma secondo me vanno segnalati i blog a cui facciamo più spesso riferimento quando abbiamo il mouse libero, e questi sono i miei (Tic e Luciano e Adespoto ed eccecc esclusi).
Ne arriveranno altri; spero di non ricevere un castigo virtuale dal signor Symbelmine dopo la mia infrazione delle regole...

Eredità


Dopo un viaggio o una vacanza, spesso si tende per qualche tempo a riprodurre certe sensazioni o abitudini del luogo in cui si è stati o, come minimo, si hanno le scorte degli acquisti alimentari fatti in loco da consumare.
Ricordo che, dopo aver scoperto il mais in una vacanza in Corsica da bambina, ho voluto insalata col mais per mesi. Mia madre compra mais ancora adesso e lo consuma spesso.
Dopo il mio ritorno dall'India ho mangiato pomodori conditi, il mio primo alimento una volta arrivata a casa, con le mani.
Ogni volta che siamo tornati dai paesi nordici mi sono ostinata a portare maglioni e sciarpe, anche se qui si scoppiava dal caldo.

Tornata dalla Provenza, la mia casa si è cosparsa di tracce odorose: il profumo ai fiori d'arancio persiste in bagno nonostante sia in un flacone chiuso e il mazzo di lavanda secca che ho messo in un vaso contamina ogni odore che esca dalla cucina anche se non è in cucina.
Non contenta, ho deciso, in un moto d'impeto di ordine tutto francese, di risistemare gli innumerevoli barattoli di tè e spezie sul ripiano in cui erano affastellati, di riempire il corridoio di piante e, non ultimo, fare la marmellata di pere, mele, limone e cannella che avevamo mangiato due o tre anni fa in un'altra vacanza in Provenza (in cui non aveva piovuto ma, essendo gennaio, si gelava e quindi le condizioni meteo erano comunque avverse). Avevamo cenato con pane e marmellata dalla disperazione e ci era sembrata nettare degli dei.
L'ho fatta a casaccio, come al mio solito. Per completare lo spirito francofono, ho corredato i barattoli di etichette vezzose, nonostante io detesti le cose vezzose.
Risultato: la marmellata era perfetta.
Peccato che la marmellata non mi piaccia granchè.

La morale della favola è che le cose, le case, le usanze, gli alimenti stanno bene e hanno il gusto e l'aspetto migliori nel loro posto d'origine, altrimenti, decontestualizzati, perdono il loro senso d'esistere.
Io lo so bene, solo che non posso farne a meno: devo esportare qualcosa, almeno per un po'. Se la prossima estate dovessi andare in Portogallo, come vorrei, il minimo sarà ascoltare fado per tutto l'autunno successivo.
Non oso immaginare cosa farei dopo una vacanza in Africa o in Giappone.



martedì 14 aprile 2009

Provence!... Oh, la pluie.

Partita, stata, tornata.
Tre giorni in Provenza con M., nel pieno delle vacanze di pasqua.
Abbiamo prenotato una camera in una zona dove eravamo già stati e non ce ne siamo accorti, ma è stato molto divertente. Il posto era bellissimo: tetti, porte, ciliegi (o mandorli?) in fiore, corvi degni di quadro di van gogh, prati fioriti di giallo, iris e tulipani ovunque, profumi e mercati carichi di colori, caffé deliziosi (non quelli nella tazzina, ma si sa).
Purtroppo le foto rendono poco l'atmosfera di questi tre giorni: l'elemento costante infatti è stata, come in ogni nostra vacanza, la pioggia.
E' piovuto nel viaggio di andata.
E' piovuto la prima notte.
E' piovuto il giorno dopo.
E' piovuto la seconda notte.
Poi, sono arrivati i nostri amici S. e M., che sono incinti di una bambina, ed è arrivato il sole.
Giusto il tempo di fare un po' gli scemi...

Quindi siamo ripartiti per tornare a casa.

(Comunque, tanto per essere precisa:
è piovuto spesso nella nostra prima vacanza in Norvegia.
E' piovuto tutte e due le volte che siamo andati in Corsica.
E' piovuto ogni giorno in Svezia la scorsa estate.)


venerdì 10 aprile 2009

Senza parole(o, meglio, poche)

Oggi funerali di stato.
Un dolore inaudito.
Non ci sono parole.
Bare su bare su bare.

Ma Qualcosa ha dato un colpo di grazia in più alla situazione penosa.
Lo speciale in tv, con cronisti che non sapevano cosa dire.
La carrellata continua sulle bare e, soprattutto, sulle facce di chi aveva dei morti lì in mezzo.
Le preghiere cattoliche (ma non erano funerali per tutti?), con un brevissimo intermezzo islamico, la presenza incombente del clero.
Berlusconi, contrito, con le mani giunte davanti alla faccia, come uno scolaretto che ha appena imparato le preghiere.
Berlusconi che piange, soffre, si commuove.
Ha detto che offrirà le sue ville per ospitare i terremotati.

Guarda caso, il papa non c'era.
Santo subito, non c'è che dire.



giovedì 9 aprile 2009

rettifica


Rettifico. Sono già scocciata di vedere giornalisti che si intrufolano nelle tende dei poveri sfollati, che ripetono e ripetono le prime scene del post-terremoto, intervistano bambini contenti di non andare a scuola e che incensano Berlusconi per il suo lavoro di missionario e benefattore. Basta. Non se ne può più. Nemmeno del colonnello Giuliacci che parla ammiccante del tempo in Abruzzo e delle trasmissioni Mifaccioicazzideglialtri piene di conduttori fintamente commossi. Vorrei sapere, ad esempio, cosa c'è andata a fare la Gelmini. Se non avessero versato già tutte le loro lacrime e speso tutte le energie l'avrebbero presa a sassate. Forse è andata lì per questo.
Che smettano con le immagini e le cazzate retoriche e facciano qualcosa, trovino i responsabili di costruzioni e speculazioni edilizie e si muovano a ricostruire.
Viva l'azione efficace, chirurgica e giusta. Abbasso il blablabla.

martedì 7 aprile 2009

Inquietudini e premonizioni


Ultimamente faccio sogni inquietanti, degni di un romanzo di Stephen King. Ieri, per esempio, ho sognato che mi trapiantavano la testa di un'altra donna e le mani di un uomo. Forse avevo avuto un incidente, non so, ma guardavo mentre mi facevano l'intervento e poi, una volta guarita, andavo in giro disperata, perchè quelle parti del corpo così importanti non avrebbero permesso agli altri di riconoscermi.
Stasera accendo la tv e sento che per la prima volta un uomo ha subito il trapianto del viso e delle mani. Questa cosa mi succede di continuo; ora, però, si è preoccupata la mia migliore amica D., perchè due notti fa ho sognato che la deportavano su un pullman granturismo.

Tanto per restare sull'onda dell'incubo, da un paio di giorni faccio brutti pensieri: sogno - ad occhi aperti, ma è un incubo - che berlusconi sta progettando più o meno segretamente di costruire a fianco alla vecchia L'Aquila terremotata un' Aquila Due o Tre, sosia della Milano 2 e Milano 3. Sarà per questo che ha rifiutato seccamente gli aiuti degli americani? Questo aiuto post-terremoto deve avergli ricordato gli aiuti post-bellici e le conseguenze del debito morale e non solo che l'Italia ha nei confronti degli Stati Uniti. Peccato che Obama sia troppo di sinistra per i suoi gusti, e che Berlusconi ultimamente si senta una specie di reincarnazione di Papa Woitjla munito di portafoglio...

Amarcord


Il video di Nick Drake mi ha fatto venire in mente i filmini in super 8 che i miei genitori mi fecero durante la prima metà della mia infanzia e che ora popolano un letterale cassetto del dimenticatoio. Erano gli ultimi sopravvissuti della vecchia tecnologia; mi sono informata per sapere se fosse possibile trasferirli su videocassetta, ma mi hanno detto che sarebbe costato troppo.
Le rare volte che vado a trovare i miei ed ho un bel po' di tempo a disposizione, mi capita di chiedere a mia madre di tirare fuori il proiettore e farmene vedere qualcuno.
Hanno uno strano fascino quelle immagini un po' troppo veloci, mute ma a colori. Per la maggior parte sono filmini di vacanze in Corsica o in Sardegna, in tenda, in cui, vestita con magliette di Capitan Harlock, sorrido sdentata o salto come in preda ad un morso di tarantola insieme al mio amico Andrea. L'anno in cui siamo andati in Sardegna i miei avevano preso in società con gli zii un camper ed al mattino io e lui ci svegliavamo nel letto della mansarda urlando (e svegliando tutti): "Chicchirichìììì! Galletto amburghese Vallespluga mezzo strozzato!!!.
Già, l'effetto precoce della pubblicità sui bambini.

Non mi ritengo un tipo vanesio, ma adoro rivedere quelle vecchie immagini. Forse è la vanità del passato, posto remoto e sempre migliore del presente, dunque intoccabile.
Lì, mi sembra che il tempo scorra lento lento e quasi si fermi, nonostante la velocità della pellicola.

Tic Moon

Solo piangere


Per una volta l'invasività, la prepotenza dei mezzi di comunicazione di massa sono stati -almeno per un po' - utili e in qualche caso umili. E' vero, sono pronta a scagliarmi costantemente contro la freddezza e la capacità di essere inopportuni e di parte dei giornalisti, ma questa volta l'informazione era necessaria.
Era necessario ed efficace vedere le immagini dei crolli, degli sfollati, sentire il pianto di un cronista.
Finalmente il giornalismo ha svolto la sua doppia funzione: quella di informare e quella di far provare vicinanza degli esseri umani nei confronti di esseri umani. Si chiama compassione, o anche empatia. Certo, è più facile sentirsi vicini e simili ai terremotati abruzzesi che alle popolazioni della Nigeria o del sud est asiatico, ma questo ci dovrebbe far capire che ogni tragedia è una tragedia, in quanto umana. Può capitare a tutti. I morti vicini sono più simili e magari più cari, ma sono morti come gli altri.
Questo non ci deve mettere paura, però, in preda ad assurdi allarmismi, ma far provare maggiore comprensione e solidarietà, visibile anche con gesti concreti. Solo allora la funzione del giornalismo è davvero riuscita.

Tra qualche giorno riprenderanno le speculazioni politiche, le accuse, la ricerca di responsabilità. Spero che, però, le coscienze che si sono risvegliate rimangano vigili.

Terremoto: i morti sono 179
Continua ad aggravarsi il bilancio del terremoto che ha devastato la zona dell'Aquila. I feriti sono oltre 1500, circa 70 mila gli sfollati. Disperso ex nazionale Under 19 di rugby. Altre scosse nella mattinata di oggi: l'ultima è stata avvertita anche a Roma

Un edificio crollato in Abruzzo, colpito nella notte da un terremoto di 5,8 della scala Richter. Ansa
L'AQUILA, 6 aprile 2009 - Una forte scossa di terremoto, 5,8 gradi della scala Richter, ha scosso alle 3.32 di questa notte tutto il centro Italia. L'epicentro in Abruzzo, non distante da L'Aquila. Il bilancio al momento è di 179 morti e migliaia di feriti. Centinaia di edifici sono crollati (parzialmente o del tutto), mentre gli sfollati potrebbero essere circa 70 mila. La situazione dei soccorsi è resa più difficile dalle continue scosse di assestamento, che rischiano di far crollare gli edifici già danneggiati.

Scossa di magnitudo 7,3 a Papua, nell'est. Ieri la terra aveva già tremato

Forte terremoto in Indonesia
Quattro morti, decine di feriti



GIACARTA - Almeno quattro persone sono morte e decine sono rimaste ferite a causa di una serie di forti scosse sismiche che hanno colpito il nord dell'isola di Papua, nell'est dell'Indonesia.

Intanto, il ministero della Salute indonesiano sta facendo il bilancio delle vittime e si contano i danni. Tra i morti, quattro, c'è anche una bambina di dieci anni. I feriti sono almeno una decina. Il portavoce della protezione civile indonesiana, Priyadi Kardono, ha detto che alcuni edifici sono rimasti danneggiati e che l'area è rimasta senza corrente elettrica. Il capo della polizia di Papua ha riferito che a Manokwari un hotel è in parte crollato e un magazzino per il riso è andato distrutto. Non si sa se ci siano vittime.

Sono state ore di paura nel Paese asiatico, che il 26 dicembre del 2004 fu colpito dal terremoto e dallo tsunami che uccise circa 230mila persone.

(4 gennaio 2009)

Terremoto Perù: Protezione civile, oltre 330 i morti

16 agosto 2007
È salito a 330 il bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito il Perù. Il bilancio è destinato ad aumentare Lo ha riferito l’agenzia nazionale di Protezione civile.

06/10/2008 09:10
KYRGYZSTAN
Terremoto in Kyrgyzstan, più di 60 morti e un villaggio raso al suolo

Si cercano ancora i feriti a Nura, villaggio al confine fra Kyrgyzstan e Cina, distrutto dal sisma di magnitudo 6.6 che ha colpito ieri sera l’Asia centrale. La scossa è stata avvertita anche in Tajikistan, Uzbekistan e Cina, dove si sono registrati danni di lieve entità.

Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – È di più di 60 morti il bilancio ancora provvisorio del terremoto di magnitudo 6,6 che, domenica sera alle 21.52 ora locale (le 16.52 in Italia), ha devastato il Kyrgyzstan. Fra le zone più colpite dal sisma la provincia meridionale di Osh, al confine con la Cina, dove si cercano ancora i feriti (al momento 50) e comincia la conta dei danni, con interi edifici rasi al suolo.

Le squadre di soccorso sono ancora all’opera in cerca di sopravvissuti, rimasti sepolti sotto le macerie delle case crollate. Critica la situazione a Nura, villaggio sperduto sulle montagne nei pressi del confine fra Kyrgyzstan e Cina, elemento che complica ulteriormente le operazioni dei soccorritori. Il villaggio è stato letteralmente raso al suolo, si contano 50 feriti e 128 case andate distrutte: “La scena era impressionante – riferisce Kamchybek Tashiyev, Ministro per le emergenze e la protezione civile – non è rimasto in piedi nulla e sono moltissimi i feriti”.

L’area è spesso teatro di terremoti dalla portata devastante: nel 1966 la capitale dell’Uzbekistan, Tashkent, è stata colpita da una scossa di magnitudo 7,5 che ha lasciato centinaia di migliaia di persone senza casa. Lo scorso agosto una scossa del sesto grado della scala Richter ha colpito la capitale uzbeka, ma non si sono registrati morti o feriti.

(...)


sabato 28 marzo 2009

Ridere e piangere



Libertà


E' tuttora in corso il convegno che sancisce la nascita del nuovo partito di destra, il pdl-calderone. Sarà presumibilmente abnorme, pieno di contraddizioni interne che si spera lo rendano debole, ma purtroppo, nella più probabile delle ipotesi, otterrà miriadi di consensi.
Ieri, prima di andare a cena fuori, ho voluto farmi del male e ho ascoltato attentamente un pezzo del discorso di Berlusconi. Ascoltando, ho osservato. Ho guardato il suo aspetto ormai quasi totalmente posticcio che ricorda sempre più le sue prime imitazioni fatte dalla Guzzanti anni e anni fa, quando ci si faceva due risate su senza preoccuparsi troppo. Ho visto le facce più o meno compiaciute del pubblico, tutto rigorosamente in completo blu; ho notato le labbra al botulino di un buon 20% delle donne presenti.E ho preso mentalmente appunti.
Il discorso (o, almeno, la parte che ho ascoltato) era un'accozzaglia di parole ordinate logicamente, ma senza contenuto, senza significato. Il vuoto semantico.
La parola libertà ha accompagnato ogni periodo fino a diventare un tormentone.
E continuo a chiedermi come anche quelli che all'inizio si erano fatti abbindolare dai discorsi "misonofattodasolo" del primo Berlusconi possano bersi queste fandonie, questa mancanza di costrutto, questo vuoto che copre la necessità di farsi i propri porci interessi, anche cambiando banderuola, se necessario, o deludendo i propri stessi elettori.
Una volta la parola libertà era sacra. la sua stessa idea esisteva in funzione di contrapposizione a qualcosa: allo straniero, al regime, alla prigionia fisica o delle idee. Chi difendeva questa libertà, e chi tutt'oggi la difende (realmente) era da immolare, era un eroe, un paladino della giustizia. La libertà non esiste senza il suo opposto, non ha senso di esistere. Parlare di libertà senza avere un termine di paragone che la limiti o la minacci significa parlare di puro egoismo. E' la libertà di farsi i propri comodi alla faccia di tutti. Berlusconi da tempo ovvia a questo inconveniente tirando fuori ogni volta lo spauracchio del comunismo, dei gulag, dei lager (questi ultimi, se non mi sbaglio, l' hanno inventati quelli che fanno il saluto romano e che ora sono nel nuovo pdl). Per difendersi da eventuali domande, dice che la sinistra mette lo stato sopra l'individuo. Mi piacerebbe ricordargli ancora che lo stato, quello democratico, è o dovrebbe essere espressione della collettività degli individui, e che se pensa di scavalcare lo stato con l'individualità e la libertà di farsi i cazzi suoi non saranno tutti d'accordo.

lunedì 23 marzo 2009

La giusta opinione


Nel nostro belpaese non si possono proprio più esprimere opinioni su niente.
Berlusconi spara una delle sue cazzate? Colpa nostra, l'abbiamo frainteso, con il concorso della televisione pubblica e di quei gotici dei giornalisti del tg3. Il papa la dice così grossa da scatenare l'indignazione mondiale, dalla Germania all'altro capo del mondo? Ecco che, a nome della cei, interviene il cardinal ruini (il minuscolo è volontario, un nome e un destino) a difendere la sua santissima ed inviolabile persona, dicendo che è stato insultato e non si può. In più afferma che le sue parole sono state travisate e mal interpretate.
Bisognerà tornare tutti a scuola, perchè 2+2 non fa più 4 e b+a non fa ba.
I cattolici praticanti e osservanti criticano chador e burqa, ma hanno davanti agli occhi veli di maya al prosciutto. Che il papa sia un uomo senza divinità penso lo sappiano già da un po', ma nonostante questo si bevono tutto quello che dice come fosse stampato sulle sacre scritture. E poi: quale uomo-dio si permetterebbe mai di dire e fare quello che Ratzinger dice e fa? L'unico altro uomo che è adorato, ascoltato come una divinità sulla terra (e in qualche modo ne è ritenuto la reincarnazione) è il Dalai Lama, ma ogni buddista tibetano si indignerebbe e si rivolterebbe contro di lui se si permettesse di fare certe affermazioni. Il dalai lama stesso probabilmente non si permetterebbe mai di fare classificazioni tra gli uomini, dire agli altri cosa devono scegliere e pensare; comunica, che io sappia (e non sono buddhista) messaggi positivi di pace e speranza per l'umanità intera.
Un re perde la corona, se non sa fare il re.
Non c'è niente di meglio che lasciarlo fare, il signor Ratzinger, per fargli perdere la papalina.

Silenzio e movimento


Mi sono assentata per un po' dal mondo virtuale (sarà poi così virtuale, se le cose che ci si mettono sono vere, nomi compresi?). Ricapiterà, perchè qualche volta la scrittura per me è proprio quello che diceva il mio professore di filosofia antica: espressione di mancanza.
In questo caso non mi è proprio mancato niente, a parte il tempo di scrivere sul blog. Ho avuto e fatto di tutto: il mal di schiena è peggiorato, sono andata da un osteopata che mi è saltato sulle costole facendo scrocchiare le mie vertebre come un domino, ho iniziato un lungo pellegrinaggio periodico dal dentista, abbiamo visto un'altra casa, mi sono messa a dieta e, semplicemente, sono uscita nel tempo libero a prendere un po' d'aria e sole. E poi, s'intende, ho continuato a lavorare.
Il medico ha detto che mi devo muovere di più, così prossimamente vedrò di rimettere in sesto la mia bicicletta, che al momento è ancorata a un palo per strada, ricoperta di cacca di piccione e gabbiano. La parola d'ordine è movimento, insomma. Meno pc e tè alla rosa e più pedalate fino alla spiaggia.

C'è un altro motivo, però, per il mio silenzio. In questo periodo c'è stata una sovrabbondanza di notizie infauste o coinvolgenti tale da ridurmi al mutismo. La faccenda dell'edilizia, obama, bush e le cellule staminali, la nascita di un nuovo partito abnorme di destra, il papa, i preservativi e l'aids...sono arrivata alla saturazione. Troppe cose da dire in troppo poco spazio e in troppo poco tempo.
Così ho scelto di fare una pausa.
Virtuale, perchè nel mondo reale zitta non so stare. A parte quando sono seriamente malata.