lunedì 24 ottobre 2011

Fine ottobre (senza "cose")


Finalmente eccomi di nuovo al computer. In forno una torta di riso e zucchini, la stufa accesa e, fuori, nuvole basse che annunciano un peggioramento. Mi sono goduta fino in fondo questo prolungamento d'estate e l'assenza di piogge, anche se ho sentito più voci che annunciano un autunno piovoso come quello in cui c'è stata l'alluvione del '70. Così sabato M. è salito sul tetto facendomi vedere i sorci verdi per la paura e, tra le mie direttive e urli, ha spalmato guaina liquida qua e là sulle tegole e sugli interstizi. Con questo, speriamo che la veranda e la dispensa sul terrazzo reggano a quattro mesi di acqua. Sono passata dai sandali alle calze di lana di botto e mi sento i piedi costretti nelle scarpe. La sera, da un paio di settimane, sul divano si sta di nuovo con la coperta di lana. Abbiamo retto fino all'altro ieri senza riscaldamento sperando che tornasse il caldo, ma quando il termometro dentro casa è arrivato a 16 gradi e mezzo abbiamo deciso di accendere. Perlomeno adesso siamo temprati.

Così è arrivato, questo autunno. Non ci tenevo granchè; il cielo grigio fa un po' di tristezza e mi mancano le giornate tiepide di sole, le api, le albicocche, le pesche, i gelati. Non mi piacciono i frutti d'autunno. Non mi rallegra il pensiero del rumore assordante della pioggia, i vestiti bagnati, i risvegli intirizziti, il ghiaccio sul parabrezza e nemmeno il rumore del fiume in piena, che dorme ormai da sette mesi. Tuttavia, come in tutte le cose, c'è un però. Sono le caldarroste, i colori nuovi delle foglie, le passeggiate con indosso poncho e maglioni, nuvole di vapore dalla bocca, sagre di paese, gite con gli amici, la Pippi sulla pancia a ronfare, i tè del pomeriggio e prima di dormire, per scaldarsi. E poi c'è M., che in questa stagione è più spesso a casa, e le mie sere sul divano arancione sono quasi sempre in compagnia dei suoi piedi e delle sue braccia, pronte a rendere più lieve le stagioni più buie.

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