martedì 27 luglio 2010

La puzza


So di avere già scritto, da qualche parte, degli odori, ma qui si tratta proprio di puzza, in tutto e per tutto.
Sono figlia di mio padre. Per anni ha sempre fatto sceneggiate per quelle che riteneva fossero puzze tremende in casa: il detersivo, l'ammorbidente, la candeggina di mia madre. Con il naso sa capire dove è stata la frutta prima di arrivargli sulla tavola e, da chimico qual è, trova odori sconosciuti o impossibili da decifrare.
Spesso lo si sente dire che qualcosa sa di acido fenico.
Io, col naso che mi ritrovo, non potevo essere da meno. Mai ai suoi livelli, ma ci vado vicino.
Quando abitavo a Savona ho impedito che la casa della vicina andasse a fuoco, e di conseguenza la nostra, perchè sentivo una puzza di bruciato che nessuno sentiva.
I proprietari della casa in cui abitiamo ora avevano un cane; ogni volta che passo davanti alle finestre di legno della cucina io sento puzza di cane e mi viene nausea.
Non posso dare da mangiare al gatto in casa, specialmente quelle pappe maleodoranti che l'industria per animali ci propina, perchè mi vengono veri e propri conati di vomito. Ma non è tanto la mia reazione ad essere strana: il fatto è che nessuno sente così forti gli odori - anzi, le puzze - che sento io.
Quando andavo alle superiori andavo male in matematica. Ho odiato la fisica con tutta me stessa, non riuscivo a capirci un tubo. Così i miei mi hanno mandato a ripetizione da un ragazzo - direi uomo ormai - che viveva con la madre, in casa indossava le pattine e me le faceva mettere anche a me e, una volta alla scrivania, minuscola e nella sua camera, si toglieva le scarpe.
Non ho mai patito un supplizio simile come in quel periodo in tutta la vita : I piedi gli puzzavano in modo violento. Mi sedevo a quel tavolo microscopico pregando, ogni volta, di non risentire quell'odore, ma niente.

Eppure io, che sono così sensibile e schifiltosa, amo le mie puzze come una mamma ama le puzze del proprio bambino.
Mi sono familiari, come mi è familiare l'odore (che poi tanto gradevole non è) di casa dei miei quando viene aperta dopo un mese in cui sono stati in vacanza.

Chissà, un giorno forse amerò anch'io la puzza di cane delle mie finestre. Basta farci l'abitudine.

domenica 25 luglio 2010

Matrimoni

Ieri io e M. siamo stati ad un matrimonio di amici. Corteo con i motorini, un gran casino e lo sposo portato su un'ape perchè gli si è rotta la vespa.
Mi piace andare ai matrimoni di amici, e ad oggi se ne sono sposati un bel po'. Ho fatto due volte la testimone e uno la damigella, di azzurro vestita.
Questa volta abbiamo conosciuto dei ragazzi molto simpatici, così ci abbiamo anche guadagnato due nuovi amici. Mi ricordo che una volta un vicino di tavolo si è presentato come don Giovanni, così ho pensato a una battuta e gli ho fatto una sonora risata in faccia. Peccato che fosse un prete.

Insomma, ai matrimoni in genere mi diverto.
Noi, invece, conviviamo.
So che sposarsi per moltissime donne è un coronamento d'amore, il giorno più bello della vita o quasi. Per la maggior parte è un traguardo, un obiettivo.
Per me no. E non ho avuto genitori separati o modelli che mi abbiano fatto perdere la fiducia nell'istituzione. Non ne sento la necessità. Lo trovo inutile, visto che vivo come se fossi sposata: conto in comune, casa comprata insieme, suoceri e nipoti e parenti tutti.Diventa necessario nella nostra società solo perchè la nostra società è strutturata male, perchè non tutela chi non si sposa.
Eppure la mia migliore amica sostiene che con il matrimonio qualcosa cambia. Ci si dà un po' più per scontati, dice, mentre nella convivenza ognuno è potenzialmente libero, sceglie di stare con l'altro ogni giorno.
Mah. Io se penso di stare al centro dell'attenzione per una giornata intera, agghindata di tutto punto ho un attacco di claustrofobia, mi viene da scappare. E poi il pensiero dei parenti, degli invitati non graditi, delle cose "che vanno fatte" mi dà l'allergia.
In fondo in fondo io predico bene e razzolo male, lo so: come quella volta che ho detto che non volevo festeggiare san valentino, ma quando M. se n'è dimenticato ed è arrivato due ore in ritardo me la sono presa.

Non è che non mi voglia sposare mai, ecco. L'idea di celebrare l'amore è bellissima. Ma trovo difficile se non impossibile che le cose, nel caso ci si decida, vadano come voglio io, così lascio stare.

Te lo immagini un matrimonio in comune, magari con rito indù, con quattro invitati a testa, il vestito di tutti i giorni e un rinfresco nel mio giardino con torte salate fatte in casa?

sabato 24 luglio 2010

Gnam

Il mio pasto preferito è la colazione.
Farei colazione a pranzo e a cena. persino a colazione.
D'estate mi piace farla in terrazzo, ma presto, quando in giro non c'è nessuno e il sole non ha ancora fatto capolino. Io non bevo caffé, non mi piace, quindi vado di té freddo a litri, succo di frutta ghiacciato, pane burro e marmellata o miele, yogurt, magari brioche, se M. scende a comprarla, ma capitava a Savona; adesso dovrebbe fare 5 chilometri per trovare un panettiere, quindi si mangia solo al bar.
D'inverno l'odore delle brioches nei bar al mattino presto mi mette la nausea; se le mangio a casa invece è diverso.
Mi piacciono le brioches al cioccolato, quelle vuote e alla crema. Quelle alla marmellata mi schifano.
Il dolce sul dolce mi schifa, come i biscotti con la marmellata. La panna mi schifa, specialmente se non accompagnata.
D'inverno c'è la colazione dei giorni feriali e quella dei festivi. Quando lavoro e mi sveglio alle sei meno un quarto la colazione fa schifo: tre biscotti e succo caldo, pure di fretta. In quei momenti la colazione non è più il mio pasto preferito.
Nei festivi e quando entro tardi a scuola faccio la colazione come dovrebbe essere: seduta, con calma, impiego circa un'ora per il mio té con biscotti. Ne puccio tanti da far finire il tè.
Latte non ne bevo, ma occasionalmente faccio un caffelatte con poco caffé. Devo avere proprio tanta, tanta fame.

Non mi dispiace la colazione al bar, ma preferisco di gran lunga farla a casa e in compagnia. Non c'è niente di meglio, nella giornata, di quella mezz'ora in cui, in imbambolata contemplazione di una tazza, riprendo lentamente i contatti col mondo.


giovedì 22 luglio 2010

Una finestra sul non so che

La tv pullula di trasmissioni e telefilm in cui donne ancora giovani vedono comparire davanti ai loro occhi fantasmi di morti ammazzati e non, oppure assistono ad avvenimenti inverosimili. Forse le protagoniste sono donne perchè la maggior parte degli uomini si dimostra più razionale, pratico. Il famoso sesto senso esiste, se non altro per ragioni evolutive. Si tratta di avere un poì di orecchio, oppure occhi aperti per ricevere informazioni non razionalmente esplicabili, almeno non subito. Una predisposizione che porta a guardare cogliendo aspetti differenti.
Oggi la questione evolutiva c'entra relativamente: credo che questa attitudine dipenda in parte dall'educazione. Avere intorno adulti che accettano la possibilità dell'esistenza di qualcosa che non può essere spiegato con il comune raziocinio aiuta. Aiuta anche non superare del tutto l'infanzia, età in cui tutto questo è naturale.
Io non so chi e che cosa mi abbia portato a questo, ma io sono una di quelle.
Non vedo morti ammazzati, per carità, ma nella mia vita fin'ora ho collezionato una serie di aneddoti assurdi che mi diverto a raccontare nelle sere d'inverno.

Per esempio, ieri notte mentre tornavo a casa ho quasi investito una specie di armadillo. L'ho guardato bene, ero sicura, anche se M., che guidava la macchina davanti alla mia, sostiene che fosse un cane. A me non cambia le cose, perchè sono sicura che lui non l'abbia ossrvato attentamente.
Da bambina ho visto - almeno, così ricordo - il fantasma della mia bisnonna nel corridoio, in piedi, con la camicia da notte e una candela in mano.
La vista non mi ha spaventata, in fondo era in casa sua.

Sono convinta che le assurdità che mi capita di vedere una spiegazione, almeno la maggior parte, ce l'abbiano. Il fatto è che non ho bisogno di saperlo. Un mondo con animali inverosimili che passeggiano per la strada di casa o parenti defunti che si fanno vedere di tanto in tanto è molto più ricco e interessante di uno che contiene solo fatti scontati e logici.

mercoledì 21 luglio 2010

Cronache dal caldo

E' la mia prima estate nella casa nuova; i problemi e i pensieri non sono finiti ma si comincia a respirare un po' di tranquillità. E' un'estate con elementi di continuità rispetto alle precedenti, ma anche profondamente diversa.
M. è sempre in viaggio per concerti, quindi anche stavolta dispongo di molto tempo da gestire autonomamente. Restano le serate in giro per l'Italia anche per me, gli ospiti irlandesi e non a dormire in casa nostra, il gran caldo, ma per la prima volta ho sul serio l'impressione di essere in vacanza. Se non ho voglia di andare al mare esco sul terrazzo o faccio il bagno nel fiume qui sotto, e non c'è più la sensazione di essere in prigione che avevo quando stavamo a Savona. Andare in città, girare per librerie e saldi, prendere un aperitivo sono diventati piaceri occasionali e intenzionali, non più una specie di imposizione scontata.

E poi che faccio? Ogni tanto mi diverto con i miei nipoti o con le mie amiche. Lavo camicie, non stiro, faccio male il letto, vivo di té freddo, pane e pomodori, bagno le piante vestita come una pazza per non farmi mangiare dagli insetti, vegeto sul letto o sul divano, strapazzo Pippi, ascolto la musica, leggo un libro di Paasilinna.
Ora scappo, c'è il mercato oggi.





lunedì 19 luglio 2010

Nuovi acquisti

Tre muri con cappotto. Un telo di cotone a fiori azzurri. Dieci piantine di pomodori.
Una gatta, Pippi, bianca e nera, che ci ha scelto ed abita con noi da un mese.
Venerdì il primo bagno in mare, quest'anno con quasi due mesi di ritardo. Acqua caldissima, limpida come il cielo sopra la testa.
La vita continua anche senza le parole.