domenica 30 maggio 2010

Dietro le persiane

Ultimamente quando parlo con amici e colleghe mi sembra di essere in mezzo a una riunione clandestina.
Dopo aver parlato del più e del meno, delle solite cose, di novità personali si finisce sempre nello stesso argomento: il governo, la politica, l'economia, berlusconi.
Io sono sempre più preoccupata. Lo sono per le manovre del governo, per la limitazione della libertà, per la situazione economica. Piano piano finiremo economicamente come la Grecia e politicamente come una qualsiasi delle varie dittature ancora esistenti. La gente perde il lavoro, aumentano le società che falliscono. Io ho lo stipendio congelato per tre anni e M. non ce l'ha da quattro mesi.
Eppure la cosa che mi preoccupa di più è la reazione della gente. Anzi, la mancanza di reazione. Leggiamo i giornali e ne vediamo di tutti i colori. Ma l'indignazione, la rabbia, i pensieri durano poco più di un istante. Magari si fanno risentire quando ci confrontiamo con dei simili che la pensano come noi, ma la realtà è che tutto ci tocca troppo poco; per quanto la nostra situazione personale possa essere problematica, non vantaggiosa o ben poco idilliaca ci chiudiamo dietro alle nostre persiane, ci rintaniamo nei nostri letti, sotto le nostre coperte, ci mettiamo con le gambe sotto i nostri tavoli e andiamo avanti. Sentendoci, tutto sommato, al sicuro: ci sentiamo indenni. Intanto tutto quello che leggiamo, vediamo e sentiamo non ci sta succedendo.

Ancora per il momento, però. Non siamo tanto lontani dal raggiungere le situazioni che sono presenti sui giornali o, peggio, quelle che nessuno vede e di cui nessuno parla. Ogni giorno intere famiglie si ritrovano senza lavoro o senza casa ma ai nostri occhi sono solo una breve intervista sentita alla radio o un servizio alla tv con il volto oscurato.
La società che ci ha portato fin qua ci ha reso indifferenti, egoisti, chiusi. La maggior parte di noi manca totalmente di consapevolezza, empatia, altruismo, e anche con la consapevolezza non siamo in grado di far valere i nostri diritti, di unirci in una coscienza comune. Com'è possibile? I magistrati protestano, i precari protestano, i commercianti protestano, ognuno chiuso nella sua piccolezza di categoria o di genere. I sindacati non esistono più nel senso originario del termine e quando ci sono non sanno guardare al di là del loro naso.
La globalizzazione ha dato all'umanità solo gusti e informazioni perlopiù commerciali, ma non è stata capace di darle una coscienza comune.
Che è l'unica cosa che ora potrebbe almeno risollevarci, se non salvarci.

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