lunedì 23 febbraio 2009

Critiche e congiuntivo


Mi si rimprovera, a volte, di non dimostrare entusiasmi e di non essere mai contenta, troppo esigente per apprezzare le cose. In più, mi si accusa spesso di salire in cattedra, di far troppo la maestrina, di essere ipercritica.
Un po' è vero, non lo nego. E' di famiglia, specialmente da parte di padre: diffidenti, criticoni, brontoloni da almeno tre generazioni. Ho cercato di disfarmi dell'eredità di questo dna, ma ogni tanto riemerge a tradimento.
A scuola sto facendo il congiuntivo; è stato difficilissimo farlo imparare ai bambini facendo appello all'uso comune parlato, perchè il congiuntivo sta sparendo, sommerso dai prepotenti indicativo presente e imperfetto. Ogni volta che seguo un telegiornale c'è almeno un politico che non lo usa; non sto parlando delle espressioni palesemente scorrette come "se farei", che fanno ancora inorridire la maggior parte delle persone, ma del tipico "penso che tu sei", che ormai è accettato da tutti. Così a casa faccio la pessima figura della maestra pidocchiosa che corregge continuamente gli errori della televisione. Il fatto è che la tv, che in passato ha unito l'Italia sotto la bandiera della lingua italiana, ora la unisce sotto quella del grandefratellismo, dell'aspirazione ad essere famosi, dell'arte dell'aggressione verbale e della lingua italiota.
Non sono così mentalmente vetusta da non accettare i cambiamenti della lingua, che io stessa faccio miei in svariate occasioni. E' che mal digerisco (anzi, mi va proprio di traverso) il fatto che questi cambiamenti vengano da un aggeggio elettrico con i pulsanti.
Ebbene sì, sono una fissata del parlar come si scrive, o quasi. Accetto di buon grado il parlar come si mangia, ma proprio non digerisco il parlar comune che viene dall'uso degli sms e dalla pratica di guardare i talk show.
Va bene, lo dico:
hasta el congiuntivo. Siempre.


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