mercoledì 25 febbraio 2009

Ronda su Ronda


Ho dovuto cambiare ben poche parole per trasformare questa canzone. Speriamo che Paolo Conte non s'imbizzarrisca...

Che notte buia che c'è... povero me, povero me...
che acqua gelida qua, nessuno più mi salverà...
son caduto dalla nave son caduto

mentre a bordo c'era stallo...



Onda su onda
l'Italia mi porterà

alla deriva, in balia di una sorte bizzarra e cattiva...
ronda su ronda,
mi stan malmenando sai...

la nave è un rottame ormai perso nel blu...
mai più ritornerò...

Sara, ti sei accorta?
Tu stai danzando insieme a lui...
con gli occhi chiusi ti stringi a lui...
Sara... ma non importa...


Bella penisola è... tanti semafori intorno a me,
ci sono auto e tivù... è un luogo pieno di virtù...

giro in strada a regalare il mio sorriso
qui mi sembra il paradiso...


Ronda su ronda
il mar mi ha portato qui:
Bossi, Maroni,
ci voglion fuori dai loro coglioni...
ronda su ronda,

Io no, non mi ambienterò mai...

la speranza oramai io non ce l'ho già più,
dai su...
torniamo in mar...

Sara, ti sei accorta?
Tu stai danzando insieme a lui...

con gli occhi chiusi ti stringi a lui...

Sara... ma tu sei morta...


Ronda su ronda...

martedì 24 febbraio 2009

Pane e cicoria


Caro Rutelli,
se la cicoria con la quale sostieni di esserti nutrito da bambino fosse stata un po' più amara, forse avresti un'indole meno mollacciosa e un nerbo da uomo realmente serio, non da prete travestito da politicante.
Non per essere troppo cattiva eh, ma capiresti che non esiste solo il diritto alla vita, ma anche alla buona morte.
Visto che sono più buona di te e che la cicoria non mi piace, ti auguro di avere una buona morte, quando busserà alla tua porta.
Buon appetito.

Trasformismi

Dopo tanto pensare, sono arrivata alla definizione di come dovrebbe essere il nuovo, futuro leader del PD. Il profilo è suppergiù questo:
- che abbia le idee chiare, possibilmente di sinistra;
- che sia giovane o, quantomeno, giovanile;
- che sappia parlare e trascinare le folle, vendendo fumo, se occorre, a parole, perchè bisogna assolutamente contrastare il nemico sfruttando la sua stessa capacità;
- che abbia carisma.

Non conosco personalmente nessun politico da suggerire, ma ho trovato qualcuno che mi ha quasi convinto.
Mi ricorda qualcuno, però, ma non riesco a ricordare chi...

Messaggi subliminali


Quand'ero all'università ho partecipato ad un test sui messaggi subliminali proposto da alcuni studenti per una ricerca. Dovevo ascoltare dei suoni trasmessi attraverso le cuffie e poi le persone che conducevano il test dovevano controllare il mio comportamento attraverso osservazioni e domande.
Non ho mai saputo il risultato di questo lavoro; che io sappia, non è mai stato pubblicato e, chissà, potrei mostrarne ancora gli effetti con alcuni dei miei comportamenti.

L'altro ieri un amico mi ha raccontato che in rete circola un video dove si illustra approfonditamente come i Puffi fossero, in realtà, una sorta di messaggio subliminale per bambini che inneggiava al marxismo-leninismo: il grande puffo vestito di rosso e con la barba come Marx, la struttura sociale paritaria, basata sul compito di ogni singolo e sul lavoro; c'è persino il simbolo del capitalismo, Gargamella, che guarda caso vuole rapire i piccoli omini blu per trasformarli in oro.
La cosa mi fa sorridere. Che tutto questo sia vero o solo una bugia ben congegnata, non fa la differenza: non mi pare che dagli anni ottanta sia venuta su una generazione (la mia) di marxisti. Non c'è stata nessuna rivoluzione, nessun Kolkhoz, nessuna emulazione. In cambio, si è assistito alla costruzione di un sistema di valori che voleva proporsi come valida alternativa a quelli del dopoguerra e degli anni della protesta sociale e studentesca e delle brigate rosse, ma che invece si è dimostrato totalmente fallimentare, in quanto condensato di non-valori.
Negli anni ottanta è proliferata la venerazione del soldo, degli status-symbols, della capacità di vendere (e di vendersi), il culto dell'aspetto fisico con la messa al bando degli "sfigati". Alla scopiazzatura del capitalismo americano ha fatto compagnia la dannazione del comunismo.
Gli italiani, già impastati con il Vaticano, hanno sempre avuto paura del comunismo. Berlusconi è stato il profeta di questa anti-religione, e il risultato, uno dei tanti, è stato che molti non votano a sinistra perchè temono lo spauracchio rosso. Pensavo che, visto che già dieci anni fa persino mia nonna, per cultura e status sociale democristiana da sempre, aveva votato comunista, le cose stessero cambiando. Invece siamo davanti all'ennesimo vuoto politico a sinistra, generato da una serie di fallimenti su tutti i fronti.
Mi chiedo, dunque:
perchè il genio che ha trovato una correlazione tra puffi e marxismo non passa le sue giornate ad analizzare anche trasmissioni più deleterie ed esplicite per la gioventù dei tempi, che inneggiavano a un certo atteggiamento ben poco morale? Non serve arrivare alla De Filippi. Basta guardare "I ragazzi della terza c": apparenza, snobismo, ragazzi viziati, fast food e culto del denaro.
Altro che comunismo subliminale.

lunedì 23 febbraio 2009

Quando amo il mio lavoro


Da tempo rimando la stesura di questo post; si sono messi, tra me e lui, alcuni fattucci come il caso Englaro e le dichiarazioni di Berlusconi, che hanno ovviamente spostato la mia attenzione su altri argomenti ben più urgenti.
Anche se spesso ho dei moti di insofferenza, il fatto è che io amo il mio lavoro. Mi ci sono trovata per caso; all'inizio è stato un incubo ma poi ho cercato di adattarlo a me, piuttosto che il contrario, ed è diventato così fonte di gratificazioni e di realizzazione.
La scuola, come si trova ad essere e ancor più come si preannuncia in futuro, fa schifo. Fin dall'inizio alcune cose mi hanno fatto schifo, e lo schifo è aumentato mam mano che sono entrata ancor più nei meccanismi. Il sistema dei voti, i programmi rigidi, le riunioni, la burocrazia inutile, le classi spesso affollate rendono inefficaci anche i migliori propositi di chi ci lavora.
Ma se ci sono la motivazione, l'amore, la passione, la possibilità (e in questo sono fortunata) di seguire una classe per tutto il suo percorso, allora nel microcosmo della classe possono avvenire miracoli esistenziali o educativi, si può crescere(da entrambe le parti) e dare un piccolo ma concreto contributo alla scuola pubblica e ai loro abitanti (quelli piccoli).
Così, il mio lavoro mi piace. Mi piace emozionarmi per gli argomenti affrontati e vedere la luce della mia passione negli occhi dei bambini; quando mi sento fare domande difficili e nuove; quando riesco a sorprendere ed avere delle risposte positive, quando assisto alla nascita della motivazione e dell'azione che ne deriva.
Mi piace quando vedo i miei alunni sbocciare; quando, alla fine di un anno scolastico, li guardo con occhi nuovi notando quello che sono diventati e come potrebbero diventare da adulti: in queste occasioni di solito mi commuovo, orgogliosa come, credo, solo un genitore può essere.
Mi piace, del mio lavoro, la possibilità di creare rapporti di fiducia e di affetto; mi piace scambiare parole di conforto e vedere la capacità dei bambini di essere totalmente intenti quando si parla di "cose serie".
L'insegnante, i suoi parenti e amici lo sanno bene, si porta sempre il lavoro a casa, e non sto parlando dei compiti da correggere, nè delle lezioni da programmare. Io mi sento veramente gratificata quando la classe diventa una comunità, quando conosco i miei allievi e non impartisco loro solo educazione e istruzione, ma anche quando c'è un posto per loro nel mio cuore.
So che domani mi arrabbierò con qualcuno perchè riconoscerò in lui o in lei i difetti degli adulti, perchè farà o dirà cose che non andrebbero dette o fatte.
Ma, prima di dopodomani, tornerò a sorridergli e a dargli un'altra del milione di possibilità che vanno date a un bambino.



Critiche e congiuntivo


Mi si rimprovera, a volte, di non dimostrare entusiasmi e di non essere mai contenta, troppo esigente per apprezzare le cose. In più, mi si accusa spesso di salire in cattedra, di far troppo la maestrina, di essere ipercritica.
Un po' è vero, non lo nego. E' di famiglia, specialmente da parte di padre: diffidenti, criticoni, brontoloni da almeno tre generazioni. Ho cercato di disfarmi dell'eredità di questo dna, ma ogni tanto riemerge a tradimento.
A scuola sto facendo il congiuntivo; è stato difficilissimo farlo imparare ai bambini facendo appello all'uso comune parlato, perchè il congiuntivo sta sparendo, sommerso dai prepotenti indicativo presente e imperfetto. Ogni volta che seguo un telegiornale c'è almeno un politico che non lo usa; non sto parlando delle espressioni palesemente scorrette come "se farei", che fanno ancora inorridire la maggior parte delle persone, ma del tipico "penso che tu sei", che ormai è accettato da tutti. Così a casa faccio la pessima figura della maestra pidocchiosa che corregge continuamente gli errori della televisione. Il fatto è che la tv, che in passato ha unito l'Italia sotto la bandiera della lingua italiana, ora la unisce sotto quella del grandefratellismo, dell'aspirazione ad essere famosi, dell'arte dell'aggressione verbale e della lingua italiota.
Non sono così mentalmente vetusta da non accettare i cambiamenti della lingua, che io stessa faccio miei in svariate occasioni. E' che mal digerisco (anzi, mi va proprio di traverso) il fatto che questi cambiamenti vengano da un aggeggio elettrico con i pulsanti.
Ebbene sì, sono una fissata del parlar come si scrive, o quasi. Accetto di buon grado il parlar come si mangia, ma proprio non digerisco il parlar comune che viene dall'uso degli sms e dalla pratica di guardare i talk show.
Va bene, lo dico:
hasta el congiuntivo. Siempre.


domenica 15 febbraio 2009

Inno alla tristezza


Qualche volta c'è proprio bisogno di abbandonarsi alla malinconia. In barba a tutte le discipline e le psicologie che portano a razionalizzare, concentrarsi sul positivo, allargare i propri orizzonti mentali e cercare la pace.
A volte la tristezza dà rifugio, è appagante, si autoalimenta del nostro respiro. Languire e autocompiangersi non sarà la punta dell'iceberg della dignità umana, ma rientra nelle sue espressioni, e a qualcosa servirà pure.
Quando la solitudine avanza come un'onda vischiosa e ci sentiamo afflitti dalle nostre piccole esistenze e appesantiti dai problemi dell'umanità, crogioliamoci pure.
Prima o poi dovremo pur riprendere a sorridere, a rifare i letti, a stare sotto il sole, galleggiare al di sopra della superficie.

venerdì 13 febbraio 2009

Venerdì


Finalmente è venerdì.
Il venerdì - questa ne è la prova - arriva, nonostante il gelo.
Arriva nonostante Berlusconi, la faccenda di Eluana, gli assalti alla Costituzione, il consiglio d'Interclasse, i disastri aerei. Arriva nonostante il mal di testa, la stanchezza, la casa da pulire, le lezioni da preparare. Ineluttabile e consolatorio.
Non mi resta che finire il tè alla rosa (ho riciclato le foglie dell'altro ieri, ed è venuto buonissimo, alla faccia dello spreco), fare una doccia, un po' di yoga in santa pace e poi uscire a far la spesa. Come se fosse una passeggiata, niente di più.
Adoro il venerdì pomeriggio.
Vigilia della festa, meritato riposo, l'alba delle occasioni.

lunedì 9 febbraio 2009

Vietato abituarsi


In questi giorni di fermento (e non parlo di latticini) mi viene da pensare quanto poco basti, perchè le cose succedano senza che nessuno faccia abbastanza.
Noi italiani siamo specialisti in questo: eccelsi nell'arte della lamentela (non parliamo poi dei liguri, sottoscritta compresa), ma un po' meno nella protesta costruttiva, efficace, e nella capacità di osservare le cose con apertura e lungimiranza.
Forse ipnotizzati dalle illusioni televisive, siamo capaci di indignarci lì per lì per ingiustizie più o meno grandi e poi spegnere il telecomando e il cervello e dedicarci alla nostra piccolezza esistenziale senza più pensieri sui massimi sistemi. C'è bisogno di eventi colossali per smuovere la coscienza di tanti che la pensano in modo simile, ma non hanno la capacità di uscire allo scoperto e mettersi in moto; il problema è che certi eventi colossali, prima di esplodere, fanno tanti piccoli passi, ed è lì che bisogna fermarli. Mi riferisco ad un sacco di avvenimenti, dal collassamento degli ecosistemi del pianeta terra alle guerre, ma in particolare ai passi antidemocratici che questo governo sta facendo. Eppure ce l'ha messo la maggioranza degli italiani lì dov'è. Ora qualcuno che l'ha votato fa marcia indietro, ma la responsabilità è in gran parte loro.
Dov'era la coscienza degli italiani quando il signor Innominabile veniva chiamato in giudizio per il processo Previti? Quando faceva campagna elettorale a colpi di cerone e doppiopetto, tutto fumo e niente arrosto?
L'italietta era stravaccata sul divano davanti alla tv, a fumarsi sogni di gloria e ricchezza, status symbols e soldi e a farsi delle belle lampade per migliorare la bella presenza richiesta dall'etichetta della persona di successo.
La responsabilità, purtroppo, è anche della pseudo sinistra, o di quello che ne è rimasto, perchè gli anti-valori trionfano dove c'è del vuoto, l'assenza o la corruzione dei veri valori etici. Mafia docet.
Della coscienza nata nel dopoguerra non è rimasta che un'ombra: non abbiamo imparato niente, abbiamo cominciato a credere nelle favole e questo è il risultato.
La guerra, le dittature, i contrasti civili e politici gravi sono il castigo non
divino, ma storico, per la mollezza della consapevolezza, l'incapacità di reagire, l'assuefazione accidiosa.

Non è mai troppo tardi. Che ognuno faccia qualcosa. Con la penna, con le parole, con l'azione, con la diffusione della conoscenza dei fatti. Non stancarsi mai, non abituarsi alle condizioni sfavorevoli, alla violenza, ai soprusi, alla violazione dei diritti, neanche quando sembra che queste cose non ci tocchino.

Non sono molto ottimista, purtroppo.

sabato 7 febbraio 2009

Parentesi alimentare


Poco fa, guardando Che tempo che fa e beandomi dei discorsi sull'ambiente, sono stata turbata dal bombardamento pubblicitario della trasmissione sui prodotti Danone.
La danone è la società del futuro; produce magnifici e avveniristici elisir, prodotti che curano tutto, dal colesterolo all'influenza, dalla vecchiaia alla stanchezza, dalle emorroidi ai funghi, dai calli alla psoriasi.
Vanno bene per i bambini, così bisognosi di protezione, per uomini e donne che vogliono sentirsi al sicuro, nonchè per gli anziani, che sono così indeboliti dagli anni.
Ma, soprattutto, offrono protezione: un vero scudo contro le aggressioni esterne. Per essere sicuri che funzioni bisogna assumerli per un periodo di almeno venti giorni, provare per credere. Lo dicono trenta studi scientifici.
E di questi tempi, si sa, c'è proprio bisogno di difendersi. Per le strade si possono fare brutti incontri: stupratori, batteri, bacilli, virus, e nei peggiori dei casi si possono incrociare extracomunitari, medici obiettori di coscienza, laici, comunisti.

Casalinghe, anziani, singles, nella vostra sporta della spesa 2008/2009 non possono mancare l'actimel, il lactobacillo e una spranga. Per difendersi, non si sa mai.

Presente e futuro, presidente

Scuola tendenzialmente privata. Sfascio della scuola pubblica. Classi per figli di immigrati. Crisi economica. Uso delle televisioni per andare al potere. Più poteri alla polizia. Meno potere alla magistratura. Possibilità per i medici di denunciare i clandestini. Un capo del governo che convince i suoi ministri a votare a favore di un decreto, minacciandorli di dover dare le dimissioni in caso di mancanza di voto positivo. Tentativi di scavalcamento dei poteri, minacce, pressioni. Rischio per la democrazia. Ingerenza eccessiva della chiesa sul potere politico.
Sembra una rievocazione storica, un preludio di dittatura.
E' l'Italia del governo Berlusconi.

Stanotte, lo so, avrò un incubo. Sognerò case di riposo chiamate la Quiete in ogni luogo d'Italia, in cui persone in stato vegetativo verranno mantenute in vita da tubi e fili. Ogni città avrà la sua Quiete, abitata da morti viventi degni di un film di fantascienza.
Forse queste persone verranno inseminate per fare figli, e il mondo pullulerà di figli nati da non-morti.
Ora che ci penso, spero che quest'incubo se lo faccia lui, il signor presidente del consiglio.



venerdì 6 febbraio 2009

Eluana e co.


Mentre scrivevo il post sul belloccio della tv, ho sentito la notizia: Napolitano non ha firmato il decreto-orrore sulla questione di Eluana.
Un sospiro di sollievo è stata la mia prima reazione.
La seconda è stata un moto di nausea nei confronti di un governo che, all'unanimità, vota per impedire che siano seguite le volontà sul diritto di vita o morte di una persona.
La terza è stato un pensiero alla cazzo
di chiesa(scusate, ma è venerdì sera e io in settimana non posso dire le parolacce, sono una maestra), che di sicuro ci ha messo lo zampino.
La quarta è stato un ulteriore conato, dopo aver sentito le poco velate minacce che ha fatto berlusconi dopo aver saputo che non c'era la firma.
La quinta, una preghiera agnostica:
Dio, se ci sei, fa che Eluana muoia stanotte.
Quella donna (e poi ognuno di noi, che si trovasse malauguratamente nella sua condizione) rischia di diventare il burattino delle controversie politiche.

Tutta questa faccenda mi ricorda gli antiabortisti americani e le loro sceneggiate davanti agli ambulatori. Roba da far accapponare la pelle.
Sono sinceramente inorridita.
Solo i governi guidati da Berlusconi, nonostante gli altri non abbiano brillato in tante cose, mi hanno fatto provare paura per il futuro.

M. e il commissario Manara

Da qualche tempo il giovedì sera è l'uomo di casa a gestire il telecomando. Dopo essersi infatuato del marito della protagonista del telefilm "medium", M., il mio compagno, si è preso una cotta per un altro tizio di un telefilm molto meno di mio gusto.
L'ho capito la seconda volta che ha accolto la notizia "e ora in onda il commissario Manara" con entusiasmo sovrabbondante e, in particolare, quando l'ho beccato con un sorriso beota davanti allo schermo, reagendo così nei confronti dei modi del personaggio in cui, ahimè, si è identificato.
Il fatto è che, riccioli e baffi a parte, non vedo cosa ci sia di somigliante tra i due; non è malaccio, lo ammetto, ma incarna il solito modello di uomo sotto sotto romantico ma infingardo, noncurante, un po' maledetto.
Chissà perchè il sogno di molti uomini è sentirsi belli e dannati; detto fuori dai denti, delle merde. Perchè intanto quando vorrebbero esserlo non lo sono, e quando lo sono non sanno di esserlo.
Preferivo quando si immedesimava nel padre di famiglia marito di Alison Dubois, vittima del mestiere della moglie, con tre figlie femmine a carico. Meno fascinoso di Manara, forse, ma più rassicurante.

giovedì 5 febbraio 2009

Quando detesto il mio lavoro


Dopo una giornata come quella che sta per terminare è normale avere delle punte di odio nei confronti del mestiere dell'insegnante. Non è una lamentela, ma un vero e proprio moto di acidità.
Ci sono volte che vorrei aver seguito le mie vocazioni, preso altri treni, tutti, tranne quello che ho preso. Detesto essere una maestra quando devo compilare fogli e pagelle e documenti che ricordano la burocrazia di quando non esistevano le macchine da scrivere. Lo detesto quando devo etichettare il comportamento e il rendimento dei miei alunni con un numero o una parola. Quando ho a che fare con persone - e non parlo dei bambini - ottuse e piene di pregiudizi, e nonostante questo devo cercare di essere accomodante. Quando devo correre contro il tempo per rispettare scadenze e orari e programmazioni.
Quando devo badare alla disciplina sacrificando l'entusiasmo per i metodi e i contenuti, incarnando il ruolo di carabiniere, che mi si addice ancora meno.

Odio incarnare l'archetipo dell'insegnante, io mi sento prima di tutto persona.

Detesto il mio lavoro quando i suoi aspetti non ricordano per niente quello che si immagina di questo lavoro. Qualcuno si lamenta per questo, io protesto.

lunedì 2 febbraio 2009

Bianca neve vs arlecchino

Ancora neve; quest'inverno mi pare inverno sul serio, finalmente.
Insomma, qualche giornata di finta primavera non mi è dispiaciuta, una decina di giorni fa, ma cominciavo a sentir l'odore del carnevale, a vedere i coriandoli nel giardino della scuola, e io il carnevale lo detesto.
Sarà perchè da bambina uno sconosciuto con la maschera, mentre tornavo a casa dopo il catechismo, mi ha riempito dalla testa ai piedi di schiuma da barba. O sarà perchè i miei cugini e altri parenti mi rifilavano sempre i loro costumi (ed erano quasi tutti da maschi), o ancora perchè ogni anno mi toccava andare alla festa dell'Alessandra, la figlia del capo dei carabinieri del mio quartiere, e le sue feste erano tremende, nonostante avesse una casa da favola. Fatto sta che evito accuratamente di menzionare il carnevale anche a scuola, così come la festa di halloween. Che ognuno lo festeggi da sè.
Lo so, non è carino. Faccio ammenda. Ma la sensazione che mi danno le feste in cui bisogna far festa per forza mi intristiscono e, nel caso del carnevale, mi inquietano. Può darsi che da grande impari ad apprezzarle, non si sa mai.
Per fortuna c'è la neve, che -almeno per il momento- spazza via colori e furori e che ci fa ripiombare, volenti o nolenti, nel rassicurante inverno.