venerdì 9 gennaio 2009

Un prodotto per tutti


La pubblicità è l'anima del commercio. Mi viene in mente quella che girava in tv pochi anni fa, con la gente che camminava per la strada con sacchetti gialli, tutta contenta di far girare i soldi (solo nelle tasche degli altri, però).
Io sono sempre stata attratta, dal punto di vista creativo, dalla pubblicità. Però la detesto con anima e corpo.
Nel mio programma di arte con gli alunni più grandi, quando insegno questa materia, c'è sempre l'analisi e la presa in giro delle strategie e dei modelli di comunicazione dei mass media e degli spot, ma non basta: la pubblicità è troppo sofisticata ormai, scelta per un pubblico mirato a seconda delle fasce d'età e delle occupazioni. Detersivi al mattino per la casalinghe, giochi al pomeriggio tra un cartone e l'altro per i bambini, auto a non finire all'ora di cena per gli uomini ambiziosi.
Non mi sento di aver scoperto l'acqua calda, è roba vecchia, detta e ridetta e trita e ritrita, ma la gente ci casca. Ecco perchè ci vorrebbe un vaccino per essere immuni nei confronti delle sue seduzioni, ma con richiami periodici, perchè i codici di comunicazione della pubblicità cambiano.
Che la pubblicità induca bisogni fasulli è risaputo: si mostra l'auto familiare piena di spazio per famiglia e aggeggi vari e il meschino cristiano con l'utilitaria sente il bisogno di averla; il prodotto per la pulizia nuovo dà l'illusione di facilitare i lavori domestici, e non parliamo dei bambini, per i quali il gioco è un bisogno non certo fittizio. Non la merenda alla moda, però. A tutto pensa la pubblicità, non c'è problema.
Il fatto è che essa si trasforma e si adatta ai cambiamenti della società e del gusto molto prima del modo di pensare collettivo e del resto della produzione televisiva: propone il marito che pulisce in casa mentre la moglie sta sul divano (chiedo scusa per la reiterazione di questo argomento, mi sa che è un mio chiodo fisso), donne in carriera e intraprendenti, nonni al computer e così via. Il tutto ben impacchettato per consentire una maggiore immedesimazione.
Da un bel po' di tempo, poi, c'è l'abitudine di proporre prodotti alimentari mettendo in luce le loro proprietà terapeutiche, rasentando i limiti di legge e imitando delle prescrizioni mediche: c'è lo yogurt che cura il colesterolo, quello che aumenta le difese immunitarie (orrore degli orrori), il prodotto per bambini che li aiuta a crescere sani e quello che toglie tutti i cattivissimi batteri dai vestiti. Questa è una manovra pericolosissima, perchè crea negli spettatori con scarsa capacità critica un'associazione del tipo PRODOTTO=SALUTE, dunque si impone maggiormente la necessità di prendere quei prodotti specifici.
Chi se la beve rischia di diventare nel migliore dei casi uno che ha buttato via i soldi, nei peggiori un ipocondriaco o uno che non va dal medico, perchè intanto segue le prescrizioni di quello che dice mamma tv.
Dio ci salvi dalla televisione.
Sfido chiunque a guardare in casa propria e poi dire che non c'è neanche un prodotto pubblicizzato. Immagino con attonito orrore un mondo futuro e ipotetico in cui verranno cucinati solo i piatti della prova del cuoco, utilizzando la pasta di quattro salti in padella e il riso scotti, ci si laveranno i capelli con shampoo pantène o di L'Oreal e si laveranno i panni usando vanish oxy action; in ogni casa che si rispetti non mancherà il pulitutto chillit bang o come cacchio si chiama, i bambini verranno su a nipiol e plasmon e ogni adulto tutelerà la propria salute e quella della propria famiglia con un bel danacol ogni mattina.

Prima della fine del mondo, se dovessero aver ragione i testimoni di Geova, la società avrà quell'aspetto, ne sono certa.

L'antidoto comincia dall'educazione, a scuola e a casa. Per chi non frequenta più la scuola o non vive con mamma e papà perchè è troppo grande, basterebbe provare a leggere le etichette. E guardare un po' più in là del proprio naso. A partire dagli scaffali del supermercato.


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